Scola: "Sull'accoglienza la Chiesa fa già troppo"

L'arcivescovo avverte: "Ci stiamo sostituendo al welfare pubblico". La riflessione: "L'emigrazione è un processo storico che non si arresta ma deve essere governato"

Accogliere chi ha bisogno, aprendo case e parrocchie, perché l'accoglienza è compito di tutti, ma anche progettare politiche che consentano se non di impedire, almeno di contenere gli esodi biblici di persone in fuga soprattutto dall'Africa. «Rinnovo l'appello alle parrocchie ad aprire le porte. E questo invito è rivolto anche alle singole famiglie, perché non esiste separazione tra singoli e chiesa. Ogni famiglia è parte della Chiesa. L'accoglienza è compito di tutti, non solo delle istituzioni» dice il cardinale Angelo Scola nel suo incontro con i giornalisti per la presentazione del libro «Educarsi al pensiero di Cristo», lettera pastorale indirizzata a tutti i fedeli. Parlando in particolare delle popolazioni africane, ricorda anche come il «teniamoli giù», ovvero nelle loro terre, che «se preso in astratto e per evitare il problema è sbagliato», è parte importante della soluzione, se inteso come «azione educativa».

L'arcivescovo ha sottolineato la differenza tra il ruolo della Chiesa e il ruolo dello Stato: «La Chiesa deve fare generosamente la prima accoglienza, nella logica del buon samaritano: ma non può fare molto di più, anzi sta già facendo tanto, sostituendosi al welfare pubblico. Le istituzioni, invece, devono dare un risposta politica». Insomma, la soluzione strutturale del problema non tocca alla Chiesa, che pure vuole e sta facendo tanto, ma alle istituzioni, partendo dallo Stato per arrivare all'Europa e «al ruolo dell'Onu», che il cardinale Scola continua a ritenere importante. L'invito è a imitare i Paesi che hanno già messo a punto piani di accoglienza: «Da questo punto di vista le ultime decisioni di alcuni governi, ad esempio Germania, Francia e Austria, sono molto importanti, perché consentono di passare da una visione emergenziale a una strutturale del problema. L'emigrazione cui assistiamo è un processo storico che riguarda milioni di persone nel mondo, non può essere ridotta a emergenza. I processi non si possono arrestare, ma vanno governati».

Il cardinale ha sottolineato anche il ruolo centrale del nostro Paese nello scenario europeo, invitando a «farsi carico in modo diverso della situazione africana, per quanto riguarda l'Europa, e a fare una politica mediterranea che noi italiani avremmo dovuto fare da sempre, perché la nostra forza in Europa dovrebbe essere quella di essere punto di riferimento del Mediterraneo, insieme

alla Spagna». In conclusione: «Non pensare di poter essere alla pari come forza politica e sociale con la Germania, la Francia o l'Inghilterra, ma di poter gestire questa leadership e dare questo contributo in Europa».
SC

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