Allo sfogatoio Pd, Sala arringa contro Renzi: "Un gruppo di 10 saggi per rifare il partito"

E Majorino sul palco: se si torna a votare stavolta diremo la nostra sulle liste

Allo sfogatoio Pd, Sala arringa contro Renzi: "Un gruppo di 10 saggi per rifare il partito"

Auditorium di Radio Popolare, «sfogatoio Pd». Alla convention orchestrata dall'assessore dem Pierfrancesco Majorino dopo il tracollo del partito il 4 marzo ieri partecipano circa 150 persone, deluse e arrabbiate. Tre minuti a testa sul palco per contestare la linea renziana che ha portato i dem sotto il 20%, suona il campanello per frenare chi potrebbe parlare per mezz'ora, solo il sindaco Beppe Sala e Giorgio Gori, tornato ad amministrare Bergamo dopo la scoppola da candidato in Regione, possono sforare i tempi.

E Sala dal palco lancia la sfida a Renzi e soci. Chiama a raccolta «dieci personalità di esperienza, penso a sindaci, presidenti di Regione, vertici nazionali del Pd o di sinistra, me compreso, per offrire una proposta di idee radicalmente diversa da quella che ci ha portati al 18%». Non vuole candidarsi a nulla e ripete che porterà a termine il mandato ma «siccome tutti dicono che non c'è l'alternativa a Renzi, allora proponiamo un'alternativa di gruppo, con persone che vogliono essere parte di una fase costituente, senza chiedere nulla». Il modello da cui ripartire deve essere Milano («leviamoci un pò la modestia che abbiamo addosso» ripete più volte) dove dal 2011 dem e sinistra radicale governano insieme, «un modello di inclusione e innovazione». Non preoccupiamoci dice «di avere un capo, un candidato. Io sono contrario ai totem, piacciono agli scout».

Il pubblico coglie il riferimento a Renzi e applaude. A coordinare la convention con Majorino il consigliere comunale Carlo Monguzzi, il giovane capogruppo nel Municipio 1 Lorenzo Pacini, la chiusura è affidata a Davide Nahum, protagonista spesso di scontri con il segreteria metropolitano (e renziano) Pietro Bussolati che invia un messaggio scritto in cui auspica «congresso in tempi brevi» prevenendo la richiesta della sinistra dem. Tra i renziani in sala il capogruppo in Comune Filippo Barberis, il deputato Mattia Mor, il senatore Franco Mirabelli che sul palco sostiene: «Non basta dire cambiamo il gruppo dirigente». Ma sfila prima e dopo di lui l'anima più critica della sinistra milanese, da Diana De Marchi a Filippo Del Corno, Paola Bocci, Alessandro Giungi, Elena Buscemi, Filippo Bertolè.

Il titolo della kermesse è «Ricominciamo» e Majorino affonda: «Siamo in situazione di estrema difficoltà, ha ragione Walter Veltroni a dire che siamo al punto più basso della politica». Va «ricostruito velocemente un Pd forte e una forte alleanza del centrosinistra che metta al centro le persone». E avverte: «Se si tornasse presto al voto nel Paese, oltre a un candidato premier credibile Milano vuole contare nella scelta delle candidature. Non si possono decidere le liste in una nottata oscura e in uno scontro tra pochi al Nazareno».

Monguzzi aggiunge che Renzi «si è dimesso e stia dimesso, non possiamo continuare con un reggente che dice una cosa e lui il contrario». C'è l'insegnante Michela Cella che fa «fatica riconoscerso nella versione mainstream del Pd», il coordinatore dei giovani Paolo Romano che fa fatica proprio a dire che «sono militante del Pd» per essere preso sul serio quando promette politiche di sinistra. Gori prova a difendere «il lavoro fatto dai nostri governi in questi sette anni».

Ma analizzando il tracollo in Lombardia ammette che «sul tema immigrazione che è stato centrale nella campagna dobbiamo aprire una riflessione, ci vedono come il partito impegnato nella difesa degli ultimi arrivati, ma non sufficientemente attenti ai terzultimi, al ceto medio». E qui il campanello d'allarme suona anche per Majorino.

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