Cronaca locale

"Si vince solo restando liberali ed europeisti"

Il coordinatore regionale di Forza Italia: «L'autonomia per me cruciale, per Salvini?»

"Si vince solo restando liberali ed europeisti"

Massimiliano Salini, coordinatore lombardo di Forza Italia, da dove riparte la politica ora?

«Quanto accaduto a Roma ha un impatto forte. La sfida per Forza Italia sarà ricordare alla politica che senza il modello lombardo l'Italia muore, sarà alzare il livello d'attenzione su ciò che accade qui e dire che se fosse imitato altrove avremmo un Paese migliore»

Difendere la Lombardia.

«La prima cosa che viene in mente a un lombardo impegnato in politica come me, di fronte a un governo totalmente girato dall'altra parte - pensiamo ai ministri - è il pericolo che faccia l'errore di altre volte: immaginare di fare senza la Lombardia».

Le prime parole del ministro dell'autonomia sono deludenti.

«È un primo segnale di miopia di un governo staccato dalla realtà. Se credono che l'Italia possa andare avanti senza riconoscere l'autonomia che chiediamo da tempo - da decenni - se pensano che l'Italia possa ripartire senza l'autonomia è perché sono mantenuti da un sistema la cui forza è a loro sconosciuta. Ma questa forza è a rischio senza l'autonomia. Non ce la facciamo più a tirare tutti».

Qualcuno dubita che a Salvini, stia davvero a cuore l'autonomia, per i problemi che gli crea al sud.

«Non ho mai avvertito particolare interesse da parte di Salvini sull'autonomia, ma a dire il vero neanche l'ho mai visto scappare dalla sua difesa. C'è chi ha concepito queste battaglie come un pilastro e chi invece ha costruito la sua narrazione su altro. Salvini sta in questa seconda categoria. Si è concentrato sul tema dei confini. Ma la battaglia per l'autonomia è la più chiaramente orientata alla tutela della sovranità».

Il sovranismo è altra cosa?

«Il sovranismo è una degenerazione, che parte da un elemento corretto e lo trasforma in divisione, è come una verità impazzita».

Ci sono ormai due centrodestra incompatibili fra loro?

«Incompatibili non so, ma distinti, molto spesso anche politicamente. La decisione di Salvini e Lega di costruire un governo coi 5 stelle lo ha documentato, come il tentativo di tornare a quella maggioranza con Di Maio premier. C'è diversità di approccio, possiamo collaborare ma siamo diversi. E attenzione, il centrodestra governa quando non fa scherzi con la propria tradizione liberale, cattolica, riformista ed europeista».

Qual è la situazione di Giovanni Toti e dei suoi sostenitori?

«Erano partiti da un'istanza corretta e condivisa, perché tutti avvertono l'esigenza di ridefinire le regole interne; è stata avviata una discussione interessante anche se tutto poi è stato contaminato dalla crisi. Il problema è che la loro modalità è stata capricciosa: appena iniziata la discussione qualcuno ha preferito lasciare il tavolo, non parlare di contenuti, far saltare il banco. Avendo Toti abbandonato, chi lo vuole seguire lo dica. Il partito va avanti».

Partendo da sabato alle Stelline.

«Faremo parlare consiglieri e assessori: ci diranno quali sono i punti di forza di un governo di centrodestra e le minacce con un governo di estrema sinistra. In questa fase alcuni si concentrano sulle dinamiche di partito, altri si interessano a una proposta focalizzata sulla realtà. Io credo che qui dobbiamo solo guardare fuori dalla finestra.

Non ossessionarci col problema romano ma aprire le finestre e innovare impedendo che si diffonda in politica un certo odore di muffa».

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