Cronaca locale

"Siamo di Forza Italia ma vogliamo cambiarla"

Ecco gli azzurri che chiedono primarie subito «Nessuno potrà mai chiamarci scissionisti»

"Siamo di Forza Italia  ma vogliamo cambiarla"

Due bandiere di Forza Italia fanno da corona al palco, nell'auditorium del Villa Torretta, fra Milano e Sesto, dove circa 400 persone si sono riunite per parlare del futuro del partito e del Paese.

«Siamo tutti di Forza Italia» dice qualcuno. «Facciamo parte di un pezzetto di storia». E la storica bandiera berlusconiana campeggia anche nel logo dell'evento, promosso da cinque fra assessori e consiglieri regionali, guidati dal milanese Giulio Gallera: «Il Futuro per Forza». Sventolerà anche alla fine, la bandiera di Forza Italia, sventolata da alcune militanti al culmine dell'intervento che chiude la mattinata, quello di Giovanni Toti, il governatore ligure che dentro il partito incarna la voglia e l'urgenza del cambiamento. Toti arriva alle 11 e 25: accolto da un applauso flebile entra dalla parte del palco. In sala ci sono sette parlamentari ma protagonisti sono gli amministratori locali: ne intervengono trenta, all'inizio della mattinata. «Io sono orgogliosamente berlusconiano e ne vado fiero», grida l'ex vice capogruppo milanese Alessandro De Chirico, rivendicando appassionatamente le sue idee «ultraliberali», anche su diritti civili e moschee.

Prendono la parola, separati da pochi minuti, e idealmente da pochi chilometri, due militanti: Giambattista Prina, di Bellinzago, è un ex socialista e il 4 febbraio ha compiuto 89 anni. «Democrazia è partecipazione» dice citando per assonanza Gaber. Andrea Gabba, di Inzago di anni ne ha 23 anni, è un liberale doc. Indossa una maglietta della campagna americana Reagan-Bush e spiega come nel Partito Repubblicano americano si tiene insieme tutto e il suo contrario: «Grazie alle regole». Questa platea chiede le primarie, chiede la democrazia interna per selezionare i volti e le idee migliori.

La collocazione è chiara, gli interlocutori sociali anche. Non ci sono sbandamenti verso il Pd, o sudditanze per Matteo Salvini. Figurarsi per i 5 Stelle, evocati semmai per definire a contrario l'identità di un movimento popolare e liberale. La storia di Forza Italia è un patrimonio condiviso. Mauro Piazza spiega che «non solo c'è lo spazio», c'è «la necessità» di idee e proposte che vivano nel solco della democrazia liberale, lontane da quello che chiama «l'approccio straccione di promesse vergognose in un diluvio di tweet e post». Il cuore di Forza Italia non ama affatto il populismo, batte orgogliosamente per la sua storia liberale, popolare, riformista. Ma in questa sala pensano che avrà un futuro solo se cambia, e molto. E subito. E se si apre. Interviene Luca Del Gobbo di «Lombardia popolare». E ci sono tanti civici. Almeno quattro di Sesto San Giovanni, fra cui il neo assessore Marco Lanzoni. Interessati a quello che potrebbe nascere. Federico Romani indica «il coraggio» come parole chiave. «Chi ha organizzato questa iniziativa si riconosce in tutto e per tutto in Fi - dice - ma vogliamo la Fi di domani». Alan Rizzi è quello che si spinge più avanti e parla di federazione del centrodestra. Il presidente del Consiglio regionale Alessandro Fermi vede «grandi energie», un'Italia del lavoro che oggi è «mortificata» e una forza politica che deve rappresentarla, «che si chiami Forza Italia o in altro modo». «Questa gente ci chiede un ultimo tentativo», invita. E Gallera avverte: «Nessuno può darci dei cospiratori o degli scissionisti, abbiamo rotto il muro del silenzio». E rivolgendosi a

html">Silvio Berlusconi indica la platea: «Questi sono figli tuoi, presidente».

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