Per fare certe cose ci vuole orecchio, cantava Enzo Jannacci. E di orecchio ne ha sempre avuto tanto lo chef milanese Claudio Sadler, fin dai tempi in cui, all'indomani del diploma all'Alberghiero Carlo Porta, andò a bottega dal maestro Gualtiero Marchesi. Pure lui, come tanti. Ma pochi, come lui, possono vantare di stare sulla piazza meneghina da 35 anni, i primi dieci ai fornelli di una piccola trattoria sul Naviglio che porta ancora il vecchio nome della Porta Ticinese, «Porta Cicca». E già lì conquistò nel 1992 la prima benedetta stella Michelin. Ce ne vollero altri dieci quando arrivò la seconda, stavolta nel nuovo ristorante di via Conchetta. Squadra che vince non si cambia (o quasi), è sempre stato il suo motto, anche quando si stabilì nell'attuale ristorante di via Ascanio Sforza, ambiente soft con trenta coperti, design contemporaneo ma non troppo. «L'unica cosa che ha sempre contato per me è la cucina, con piatti nel rispetto della grande tradizione italiana e una creatività che non tradisse mai la sostanza». Trentacinque anni di soddisfazioni, piatti memorabili, ma anche qualche amarezza. Come quando lo scorso anno una stella la perse. «Ci rimasi male, inutile negarlo; quelli della Michelin però mostrarono rispetto, mi convocarono per spiegarmi le motivazioni». Accolte sì, ma mai comprese nè condivise «visto che in 35 anni sono sempre rimasto fedele a me stesso». E forse il problema è proprio questo in una città mai come oggi travolta dalle mode ora anche sul cibo. «I tempi sono molto cambiati» dice accarezzandosi l'inconfondibile pizzetto imbiancato. «Fino a pochi anni fa a fare alta cucina a Milano eravamo in cinque o sei, poi questa città è diventata la mecca dei cuochi e gli stellati sono arrivati a quota ventidue». Stavolta di orecchio bisogna averne parecchio, ma la vera nota stonata sembra essere la mentalità più ancora che la competitività. «Adesso avere una stella è diventato uno status da raggiungere ad ogni a costo, mentre una volta un cuoco ci arrivava per merito senza neppure averci pensato». E poi c'è la mentalità del pubblico. «Io mi vanto di aver avuto grossi clienti che a Milano mi hanno seguito per 10 o 15 anni, mentre oggi si è perso il concetto di fidelizzazione e ciò che conta per i cosiddetti food-lovers è vivere ogni volta un'esperienza diversa. Per stare al passo con le mode il lavoro in cucina non basta più, devi investire in comunicazione ed essere sempre sui social perchè la gente sa già da internet i piatti che sta per mangiare». Detta così può sembrare che il decano non accetti di stare al passo coi tempi, e ciò non corrisponde alla realtà. Sadler è infatti attivissimo in diverse importanti iniziative, ad esempio come presidente dell'Associazione Le Soste fondata 36 annio fa da Marchesi per promuovere il meglio della cucina italiana, oppure nell'azione di solidarietà «Ristoranti contro la fame».
Ha rinfrescato anche la sua offerta di ristorazione con il bistrot contemporaneo Chic'N Quick che ha aperto a un pubblico giovane con una cucina semplice ma di qualità a prezzi contenuti; e poi con un ciclo di serate a tema nel locale stellato. L'ultima, stasera, sarà una cena speciale dedicata alle eccellenze enogastronomiche dell'Oltrepò, ospite d'onore Jerry Scotti. Ci vuole orecchio e senza base, cantava Jannacci, non si può più cantare.
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