Appena buio uscivano dal sottosuolo come topi e iniziavano a battere la «movida» attorno a largo La Foppa, in cerca di facili prede. Con l'ultima vittima, una studentessa polacca di 23 anni, e i due romeni, entrambi ventenni, non si sono però accontentati della borsetta e del cellulare. Lei ha provato a difendersi ed è stata massacrata di botte, poi stuprata e abbandonata semi svenuta. Quando si è ripresa ha raggiunto la stazione dei carabinieri, facendo partire le indagini. Gli investigatori della compagnia Duomo hanno in breve arrestato uno degli stupratori. Il complice è riuscito a fuggire, ma con il mandato di cattura internazionale non dovrebbe andare lontano.
La povera giovane è nel frattempo è tornata in Polonia, dove sta cercando di guarire dalla ferite, fisiche e morali, subite da questi due predoni, che avevano trovato rifugio in uno dei cunicoli sotterranei di areazione che abbondano tra corso Como e corso Garibaldi. Basta alzare la grata, scendere comodi gradini e trovare un rifugio e un nascondiglio perfetto. Da lì appunto uscivano nel cuore della notte e si mettevano a caccia di giovani alticci, usciti da una delle tante discoteche. E per questo facile da derubare della borsa, portafoglio o cellulare tenuto in mano con leggerezza.
La giovane polacca, in italia nell'ambito del programma Erasmus, non era sbronza però. La sera dell'8 giugno era uscita da un locale di via Tito Speri, dove aveva passato la serata in compagnia di amici, e si stava dirigendo a casa, in zona piazza Firenze. Fatti pochi passi è stata agganciata dai due, lei ha provato a tirare dritto, ma è stata afferrata e trascinata in un angolo buio. E immediatamente riempita di calci e pugni. Fino quasi a sfigurarla. Poi lo stupro e il furto della borsa e del cellulare.
La povera giovane si rialza e si incammina verso casa, passando in via Tolentino, vede l'insegna della stazione di porta Sempione e suona. All'inizio è talmente confusa che non sa nemmeno raccontare cosa le sia successo. Il piantone però sa benissimo cosa fare, chiama l'ambulanza e la fa portare alla Mangiagalli dove i medici certificano la violenza. Appena è in grado di parlare racconta cosa le è successo e soprattutto dove. Sequestrate le registrazioni delle telecamere in zona, i carabinieri riescono a beccare quella giusta. Vedono distintamente la ragazza, raggiunta da un primo romeno che cerca di «attaccare bottone», mentre l'altro rimane in disparte, quasi a fare da palo. Poi l'aggressione, i due la trascinano in una angolo buio, da dove riemergono dopo qualche minuto correndo.
Un giro in zona permette agli investigatori di individuarli. Vengono fatti vedere alla ragazza che, ancora sotto choc, non è in grado di riconoscerli. Con i soliti trucchi, sigarette, bicchieri, tazzine del caffè, viene ricavato il loro Dna e comparato con quello trovato addosso alla vittima. Corrisponde perfettamente con quello di uno dei due, che il 28 giugno viene arrestato. L'altro invece risulta irreperibile, voci raccolte in giro dicono sia tornato a casa.
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