Il governo legalizza il gioco d'azzardo. Le istituzioni locali lo combattono. E mentre aumentano le pubblicità (legali) di app e siti di video poker, gli enti locali si fanno in quattro per finanziare i corsi contro la ludopatia e per aiutare i giocatori compulsivi con il conto in rosso.
Assessore Beccalossi, cosa pensa di questa contraddizione sempre più evidente?
«É una situazione paradossale. Lo Stato ricava circa 9 miliardi di introiti da quello che chiama gioco d'azzardo lecito. Però i costi sociali ed economici per aiutare i giocatori dipendenti ricadono tutti sugli enti locali».
La Regione Lombardia è stata la prima a votare una legge sulla ludopatia.
«Sì, tre anni fa, all'unanimità. Abbiamo riconosciuto la ludopatia come una dipendenza, al pari di droga e alcolismo. In Lombardia i malati di gioco vengono presi in carico dal sistema sanitario e curati gratuitamente ma non è così in tutte le regioni».
Cosa impone la legge?
«Niente slot a meno di 500 metri da chiese, oratori, scuole e ospedali. Assieme alle Asl abbiamo anche messo a punto azioni contro la dipendenza da gioco d'azzardo. E poi abbiamo appena investito 3 milioni di euro per finanziare le iniziative anti slot di onlus e associazioni».
Crede che il Governo prima o poi valuterà l'esempio lombardo?
«Finora abbiamo scritto a due premier, Letta e Renzi, e a due presidenti della Repubblica, Napolitano e Mattarella. Ma nessuno ha risposto».
Nessuno spiraglio?
«L'unico segnale positivo è arrivato agli Stati generali sul gioco d'azzardo, a cui era presente anche il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta. Vuole presentare al Consiglio dei ministri un decreto per regolare il gioco d'azzardo».
È possibile che venga messo un freno al dilagare delle slot?
«Temo che vengano semplicemente levate dai bar per concentrarle nelle sale gioco. Ma è già qualcosa».
Non credo che il Governo rinunci a cuor leggero a un business tale.
«Però è assurdo che lo Stato voglia far tornare i conti lucrando sulla disperazione della gente. Continuano a uscire App per gli smartphone e, oltre agli anziani e alle fasce deboli, ora anche i giovani sono tratti in tentazione. È un pericolo sociale enorme. E lo Stato usa il gioco come bancomat».
Dal canto suo la Lombardia sta lavorando anche con le altre regioni. A che punto siete?
«Abbiamo firmato un manifesto comune con la Liguria, il veneto e la Basilicata. Sono interessate ad aderire anche altre regioni come Piemonte, Emilia Romagna, Lazio e Campania. L'obiettivo è quello di portare alla conferenza unificata Stato regioni una posizione il più possibile condivisa».
Cosa sosterrete?
«Innanzitutto che i giocatori compulsivi vanno riconosciuti come dipendenti, come malati da aiutare».
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