A Palazzo Marino sono seduti su un tesoro e non lo sanno. Oppure se lo tengono ben stretto. Si tratta delle partecipazioni comunali: proprietà mobiliari e anche immobiliari. Se usate a dovere, potrebbero cambiare tutto: il Comune potrebbe ridurre il debito e pagare meno interessi, o disporre di risorse da investire. Il bilancio, invece, oggi segue un'implacabile logica aritmetica. I tagli statali - che ci sono stati - sono coperti (e in realtà di molto superati) da maggiori entrate tributarie. L'ex assessore Bruno Tabacci l'ha teorizzato così: «Non è che possiamo rapinare una banca...». Hanno scelto dunque di «rapinare» (idealmente) cittadini e imprese, con una spremitura fiscale senza precedenti, passata dall'introduzione e dall'aumento dell'addizionale Irpef al rincaro di tutti i tributi e le tariffe locali (come i biglietti Atm). Ma è proprio vero che non c'è alternativa? Un ordine del giorno depositato in Comune dimostra che una strada diversa ci sarebbe. Un percorso poco e maldestramente praticato finora, anche perché sul cartello che lo indica c'è impressa una parola spesso illeggibile a sinistra: privatizzazioni. Non è un caso, dunque, se il documento è stato presentato da un liberale (liberista e libertario) come Marco Cappato, unico radicale della maggioranza di centrosinistra, e da un consigliere eletto con il Pdl e particolarmente attento al tema della sussidiarietà, Matteo Forte. Proposta trasversale dunque.
Il punto da cui si parte è un retaggio di socialismo municipale. Il tesoro del Comune di Milano, stimato dagli uffici, è enorme, nell'ordine di 2 miliardi di euro. Solo per quote e azioni si parla di 737 milioni di euro in A2A, 710 milioni in Sea, 134 milioni in Milano Tangenziali Milano Serravalle, 24 milioni in Milano Sport, 16 milioni in farmacie, 10 milioni in Milano Ristorazione. E poi c'è una miriade di altre quote: Amat, Atm, Metropolitana milanese, Mir, Sogemi, Arexpo, Expo, Navigli Lombardi, Amiacque, Capholding spa. La ricetta del cattolico Forte e del radicale Cappato era contenuta in un emendamento al bilancio che la giunta ha chiesto di trasformare in ordine del giorno. E ora i due si aspettano una risposta. E anche la città potrebbe essere interessata. Alla giunta chiedono una ricognizione del patrimonio e dei servizi erogati dal Comune, e di identificare quelli veri. «Non chiediamo di vendere tutto - spiega Cappato - è chiaro che ci sono settori riconosciuti come monopoli naturali, penso a strutture idriche o di trasporto. Ma è chiaro anche che in altri campi si deve distinguere fra strutture e gestione. Le piscine, per esempio. È interesse pubblico promuovere la pratica sportiva e la salute? Bene, per me il servizio pubblico non è consentire a tutti di accedere a prezzo politico, ma è consentire l'accesso alle persone disabili, malate o bisognose. Io posso anche pagare un prezzo di mercato».
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