Don Giuseppe Zhang è arrivato cinque anni fa dal nord della Cina, da una piccola diocesi vicino Pechino, «prestato» alla Chiesa ambrosiana dal suo vescovo, monsignor Pietro, per curare come cappellano una comunità cattolica che pian piano diventa più grande e integrata, ma che ha ancora bisogno di interpreti made in China. Cura la formazione dei nuovi cristiani e fa anche il giro delle chiese per aiutare i parroci per l'assistenza ai fratelli cinesi che abitano nel loro territorio a celebrare matrimoni e funerali e battesimi.
Molto attiva, con don Giuseppe, anche suor Ida, missionaria del Pime che ha vissuto per trent'anni a Hong Kong e adesso a Milano è impegnata tra i cinesi che si avvicinano alla Chiesa. Don Giuseppe le ha affidato la catechesi dei catecumeni cinesi universitari. Racconta suor Ida: «Molti tra i nuovi battezzati sono studenti universitari, ma diverse famiglie chiedono il battesimo anche per i loro figli piccoli. E poi ci sono le persone appena arrivate dalla Cina, alcune anche con l'intenzione di tornarvi».
Quest'anno i battezzati adulti di origine cinese a Milano sono stati otto (su un totale di centotrenta nuovi cristiani che hanno ricevuto il battesimo nell'intera Diocesi), quattro dei quali in Duomo. «La comunità cattolica cinese cresce lentamente ma cresce: in cinque anni i battesimi sono stati quaranta - spiega don Giuseppe -. Poiché in Cina, come tutti sanno, con il comunismo la libertà religiosa è stata compressa, quando arrivano in Italia, le persone si sentono libere di professare la propria fede».
Difficile fare conti esatti su quanti siano i cinesi che a Milano nel corso degli anni sono stati conquistati da Cristo e dalla Chiesa. «I Cinesi a Milano sono circa trentamila - continua - ma sapere esattamente quanti siano i cristiani è un mistero anche per me. In questi anni ne ho conosciuti personalmente trecento, ma è probabile che siano molti di più, parecchi di loro sono nascosti o frequentano le parrocchie mescolandosi al resto dei fedeli. D'altra parte la storia dei Cinesi a Milano ormai è lunga e anche il mio ruolo, nell'intenzione della Diocesi, è destinato a scomparire, quando non ci sarà più bisogno di qualcuno che aiuti chi è in difficoltà con la lingua per frequentare il catechismo e comprendere la liturgia».
Le prime tracce sicure di consistenti gruppi familiari a Milano, raccontati da quotidiani milanesi, risalgono al 1926, ricorda don Zhang, ma la comunità ha più di cent'anni. «La gran parte dei Cinesi è di terza o quarta generazione, in qualche caso vivono qui le quinte generazioni e allora i cattolici sono già integrati nelle parrocchie. Addirittura i primi cinesi sono diventati cristiani tramite il matrimonio con donne italiane. Poi c'è chi arriva per lavorare ancora adesso, alcuni per restare, altri con l'intenzione di tornare in Cina». Tra coloro che tornano potrebbe esserci anche lui don Giuseppe.
Sacerdote da diciotto anni, spiega con tono sorprendentemente sereno: «Se il mio vescovo deciderà di richiamarmi in Cina, non conosco bene quale sarà la mia sorte. È possibile che debba trascorrere qualche tempo in difficoltà».
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