Parla di «telefonate estenuanti» il comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Milano, colonnello Michele Miulli, per questa seconda fase dell'inchiesta Condor che alcuni giorni fa, grazie alla Procura di Napoli, ha portato in carcere 51 persone. In effetti il successo dell'organizzazione dei truffatori di anziani nel Nord Italia, capeggiati dalla famiglia Diana di Melegnano e arrestati ieri dai carabinieri (l'ordinanza di custodia cautelare riguarda in tutto sei persone ma tre erano già in carcere) era concentrato in gran parte nell'abilità dei telefonisti. Che spacciandosi per «l'avvocato Molinari» o «il maresciallo Prima» e fingendo di chiamare da una caserma o da un commissariato, intrattenevano anziani di ogni zona di Milano, rigorosamente dai 70 in su e trovati casualmente sull'elenco delle pagine Bianche, in interminabili conversazioni telefoniche mattutine. Per informarli, con dovizia di particolari e tutta l'enfasi possibile, come un loro parente stretto fosse in procinto di essere arrestato o si trovasse a addirittura in stato di fermo (per un incidente stradale o un'assicurazione non pagata o simili infrazioni che non prevedono certo le manette) e quindi spingerli a fare l'impossibile pur di tirarlo fuori dai guai. Era infatti Ciro Diana (nella foto), 47 anni, organizzatore e - si legge sulle pagine dell'ordinanza - «soggetto di riferimento, com'è emerso dall'analisi dei tabulati telefonici e dai controlli sul territorio con tutti gli associati» a reclutare «i telefonisti istruendoli sulle modalità (...)». Quindi, con il figlio 27enne Michele arrestato insieme a lui ieri mattina, si serviva dei cosiddetti «operativi», un uomo o una donna che a giochi fatti si recavano a domicilio, dagli anziani, a ritirare il denaro e/o i preziosi a casa dei nonnini. Tra loro c'è una barista reclutata dai Doria a Melegnano, la 39enne Letizia Amoroso, anche lei destinataria ieri della misura cautelare
«Ci sono anziani che, nel proprio appartamento, conservano la somma in contanti da destinare al funerale: ecco i truffatori facevano conto su questo genere di piccoli-grandi risparmi» fa notare Miulli. Tra i gioielli ci sono però anche pezzi importanti: come l'orologio Patek Philippe «d'ingente valore» che Diana indossa con fierezza nelle foto pubblicate sul suo profilo Facebook. Del resto la banda, in un unico fortunatissimo giorno, è riuscita a mettere a segno un colpo da 50mila euro in denaro e un altro da almeno 100mila euro ricavati da un chilo e 800 grammi di gioielli.
Le pm Giancarla Serafini e Lucia Minutella, insieme al procuratore aggiunto Eugenio Fusco, accusano i Doria e i loro complici di avere rapporti con la camorra. «Ciro Doria(...) si occupava di portare con cadenza settimanale i preziosi ricavati dalla truffa a Napoli, per monetizzarli» si legge ancora nelle carte dell'inchiesta. Spetta sempre a un altro «operativo» il ruolo di «gola profonda». Un membro della banda, infatti, ha iniziato a collaborare con l'indagine. Si era staccato infatti dai Diana perché in disaccordo con la ripartizione dei compensi all'interno dell'organizzazione che è accusata di aver messo a segno tra gennaio e aprile 2017 23 truffe (18 a Milano e 5 a Torino) per un totale di 260mila euro.
E sempre su Facebook, commentando una foto in cui sono ritratti Ciro e Michele Doria, un loro amico pregiudicato scrive: «Siete il top grandissimi amici padre e figlio, non vedo l'ora di esserlo con mio figlio siete una gran batteria». Scrivono i magistrati: «batteria è in questo contesto termine proprio del gergo malavitoso».
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