Vendeva dati riservati ai detective privati Nei guai il funzionario

Impiegato dell'Agenzia delle entrate e tre investigatori arrestati: «Smercio di dossier»

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Tasse, redditi, proprietà immobiliari, conti correnti, automobili, eventuali violazioni fiscali: tutte informazioni riservate ma molto preziose, e pericolose, nelle mani delle persone sbagliate. Ci finivano da un bel po' di tempo, grazie all'accordo tra un infedele funzionario dell'Agenzia delle entrate di Milano e tre investigatori privati. In oltre due anni sono state più di 20mila, per 7mila accessi, le interrogazioni abusive dell'anagrafe tributaria da parte dell'impiegato 59enne che passava i dati ai suoi complici. In cambio di denaro, almeno 15 mila euro secondo gli inquirenti.

Ieri i quattro sono finiti agli arresti domiciliari. Scoperti grazie alle indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza. I tre titolari di altrettante agenzie investigative lavorano a Besana Brianza, Milano e Garbagnate Milanese. Gli indagati rispondono di corruzione e accesso abusivo a sistema informatico. La misura cautelare è stata emessa dal gip Elisabetta Meyer su richiesta del pm Carlo Scalas titolare dell'inchiesta nata dopo una segnalazione della stessa Agenzia delle entrate. La comunicazione della Direzione centrale audit è del settembre 2017. I controllori si erano accorti di moltissime interrogazioni (20.197), fatte dal funzionario con le proprie credenziali a partire da gennaio. Il 59enne era autorizzato ad accedere alle informazioni, ma le sue richieste non erano giustificate dai compiti che svolgeva e non avevano nulla a che fare con le pratiche che gli erano state assegnate. Le sue spiate nel sistema producevano dossier che, secondo l'accusa, rivendeva ai suoi complici. Consegnava, in forma cartacea o più spesso caricandole su piattaforme di condivisione di dati online, visure a volte complete, «intere», a volte «mezze». Il prezzo andava dai 25 ai 50 euro per ogni documento.

«Quello là ha comprato casa e ha pagato in contanti... - si dicevano l'impiegato e uno degli investigatori al telefono, intercettati -. Ha pure delle azioni... ma non lavora...». I tre professionisti collaboravano tra loro e si passavano le informazioni a seconda delle esigenze: indagini private per mogli gelose, per datori di lavoro sospettosi o per aziende furbette. Dall'interno dell'Agenzia arrivavano «dichiarazioni pesantissime... una montagna di documenti».

Il funzionario, secondo le indagini, era un pubblico ufficiale a completa disposizione dei privati che lo foraggiavano. Il gruppo aveva messo in piedi un «commercio di notizie riservate». La richiesta dei detective a volte doveva essere soddisfatta «al volo al volo», finito il lavoro i dati raccolti venivano «azzerati».

Cioè, cancellati, a conferma che i tre erano perfettamente a conoscenza della provenienza illecita. Al telefono si parlava anche del compenso al 59enne: «Poi facciamo i conti», ti devo «quattro, cinque, cinque e mezzo...», «c'ho l'uva da darti».

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