Marcello Chirico
Mille euro in meno al mese. Che, al vecchio conio, significano due milioni di lire tondi tondi. È quanto verrà decurtato dalla busta-paga a ciascuno dei 16 assessori della giunta regionale lombarda a partire da gennaio 2006. In soldoni, dai 9mila euro mensili passeranno infatti a ottomila, che alla fin fine sono sempre 16 milioni al mese di vecchie lire. Del resto, nei periodi di carestia è giusto che tutti «soffrano».
Non a caso, nel momento in cui al Pirellone hanno capito che la nuova manovra finanziaria del governo per lanno venturo sarà orientata una volta di più al risparmio, il governatore Roberto Formigoni non ha esitato a imporre ai componenti della propria giunta regionale un taglio del 10% delle spese di funzionamento dei loro assessorati. E quindi: dalle consulenze agli stipendi, passando attraverso spese varie ed eventuali (cancelleria, auto blu, contratti a tempo determinato, beni, servizi e quantaltro). In attesa di capire cosa prevederà il maxi-emendamento previsto dal ministro Tremonti e che potrebbe prevedere ulteriori sacrifici, magari su altre voci.
Di fatto lunico settore che non dovrebbe subire ridimensionamenti è quello relativo allassistenza, intesa sia in senso sanitario che in quello del welfare. Però è anche vero che la Finanziaria nazionale 2006, alla voce «sanità», darà una sforbiciata di 4,5 miliardi di euro rispetto alla spesa prevista nel Dpef 2006/2009. Inoltre, il fabbisogno è stato stimato in circa 90 miliardi, solo il 4% in più rispetto al 2005, e questo ha sollevato non poche proteste da parte delle Regioni. Lombardia compresa, dove - nonostante lerogazione dei Lea (livelli essenziali dassistenza) resterà inalterata - non si potrà dare avvio a quelle nuove politiche sanitarie auspicate dalla Lega e a cui puntava il neo assessore alla sanità Alessandro Cè. Il quale, proprio nei giorni scorsi, si è visto bocciare (seppur con rammarico) dal governatore una richiesta di 150 milioni di euro aggiuntivi che Cè avrebbe voluto utilizzare per potenziare e migliorare alcuni servizi.
Un «no» sofferto quello pronunciato da Formigoni, ma condizionato da problemi di forza maggiore, dove per «maggiore» si intende il governo centrale, che non è in grado di poter far sconti a nessuno. E questo irrita gli amministratori del Pirellone, come ben evidenziano le dichiarazioni della vicepresidentessa Viviana Beccalossi.
«Dire che sono inferocita nei confronti del governo è dire poco - dichiara la vice-governatrice -, perché le regioni virtuose continuano ad essere penalizzate. Abbiamo sollecitato i parlamentari lombardi di maggioranza affinché aprano a Montecitorio e Palazzo Madama una vera e propria questione morale su questo comportamento governativo. Quando qui in Lombardia abbiamo introdotto i ticket sanitari proprio per evitare perdite di bilancio siamo stati ricoperti di vituperi, adesso quantomeno ci venga dato ciò che è giusto».
«Da Roma devono smetterla di assegnare sempre più fondi alla Campania, che sappiamo bene come li utilizza, e sempre meno alla Lombardia con la scusa che può cavarsela da sola: la nostra sanità è diversa da quella campana, in quanto gli standard sanitari sono differenti e noi puntiamo a migliorarli costantemente, ma se ci arrivano sempre meno soldi avremo invece grandi difficoltà a poterlo fare», sintetizza il pensiero leghista lassessore-capodelegazione del Carroccio, Davide Boni.
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