Milva (ri)canta Battiato e dice basta: «Sono stata male mi ritiro dalle scene»

MilanoIn fondo c’è qualcosa di struggente nelle parole che Milva ha detto ieri, seduta a un tavolo della Universal. E di malinconico, serenamente malinconico. «È il momento di dire basta: questo molto probabilmente è il mio ultimo disco». L’ha inciso con Franco Battiato, si intitola Non conosco nessun Patrizio! ed è delizioso perché pacato, esploratore, raffinatissimo anche nei brani più prevedibili come Le aquile e negli arrangiamenti qualche volta sfuggenti ma pazienza. È il terzo che registrano insieme in quasi trent’anni dopo Milva e dintorni e Svegliando l'amante che dorme, è dunque la terza volta che lei pesca brani nel repertorio di Battiato, da Il ballo del potere a Io chi sono, e li fa suoi a modo suo come se fossero senza padre (a parte l’inedito Non conosco nessun Patrizio! che sarà suo per sempre). E mentre chiude la sua carriera come si faceva una volta, parlandone a testa alta, ha lo sguardo nobile e altero, i capelli del solito rosso annodati a treccia, le mani invecchiate che si arcuano come se volessero disperatamente correre a ritroso sulla tastiera della vita. Parla e gesticola come, di sicuro, parlava e gesticolava Eleonora Duse al massimo della sua lucentezza. O forse, a suo tempo, Maria Malibran. Ha 71 anni, è un monumento della musica italiana, ha esaltato Brecht e l’Olympia di Parigi è impazzito per lei quando, erano i Sessanta, lì gli italiani tutt’al più potevano comprare i biglietti, non certo salire sul proscenio. Dici Milva e chiunque la ricorda subito, poi assapora quella voce profonda, l’istrionismo demodé, il profilo di una diva, l’unica, che davvero sia riuscita a cancellare i confini del tempo. «Mentre registravo questo disco, a maggio, sono stata molto male, ho avuto patologie le più diverse, non riuscivo a stare in piedi, ho perso anche la memoria e non riconoscevo più nessuno. È stato un momento difficile. Diciamo che nella mia vita ho avuto soddisfazioni, ho fatto una carriera invidiabile, ho lavorato con grandi come Brecht, Berio, Vangelis, Morricone e Theodorakis. E dopo questo lavoro con Franco sento di non desiderare altri dischi, non farò più tournèe, forse solo qualche concerto ma non da sola». E sembrava sola anche mentre parlava gesticolando, la voce talvolta incrinata, nonostante Battiato fosse di fianco a lei e stemperasse la tensione con qualche battuta, e la figlia Martina la seguisse un po’ più in là, guardandola magari preoccupata.
Eleganza ottocentesca, semplicemente.


E allora evapora tutto il resto, le rituali domande su Berlusconi e sugli amori del passato e sul disco con Giorgio Faletti andato maluccio. Rimane Milva seduta a gambe accavallate, la pelle del volto tesa e imbellettata, le parole a volte retrò che accompagnano un addio che più nobile e tenero non avrebbe potuto essere.

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