«Il ministero della Salute e Raitre non vogliono il mio film sui matti»

da Locarno

«Sono un orfano di lusso: il mio film sui matti, pagato dallo Stato 300mila euro, adesso non lo vuole più nessuno. Né il ministero della Salute, che dopo il cambio di governo ora mi impone di ritirare il suo logo dalla mia pellicola, ai tempi sponsorizzata dall’allora ministro della Sanità in carica, Livia Turco, per il tramite di due associazioni che lavorano all’interno del servizio pubblico; né Raitre, che non garantisce la messa in onda del mio lavoro sulle possibili applicazioni della legge Basaglia», si sfoga il documentarista romano Giovanni Piperno, autore di Cimap! Cento italiani matti a Pechino, film della sezione festivaliera «Qui e altrove» che racconta d’un viaggio terapeutico, dal punto di vista dei pazzi e di chi li ha in cura. Il fatto è che, proprio l’8 agosto dell’anno scorso, 77 malati di mente e 130 tra operatori, psichiatri e volontari, partirono in treno da Venezia, per raggiungere Pechino, attraversando l’Europa intera, con tappe in Ungheria, Ucraina, Russia, Mongolia, sbarcando infine nella Città Proibita, a Pechino, dove ieri si sono inaugurate le Olimpiadi.
Magari Piperno, già fotografo de L’orchestra di piazza Vittorio, lanciato di recente proprio dalla tribuna locarnese, sperava in un fortunato contraccolpo mediatico. Invece, la strana esperienza di regia terapeutica è diventata un film ad alta definizione («abbiamo girato con telecamere molto sofisticate, non ci sono immagini sgranate»), dichiara il regista, che ha filmato il tutto in 20 giorni appena. Sarà che Cimap! Cento italiani matti a Pechino è andato in scena il giorno dopo la rovente polemica tra il mondo del cinema e il ministro Bondi a proposito del documentario sulla nascita del terrorismo (Il sol dell’avvenire di Gianfranco Pannone, sovvenzionato dal ministero della Cultura con 250mila euro), ma Piperno dice la sua con amarezza, sperando di non urtare troppo l’opinione pubblica. «Questo è un Paese che non vuole riflettere su nulla, né sulle Br, né sul fascismo, né sul problema del che cosa fare della legge 180, la famosa legge Basaglia, che sdogana, sì, i matti, ma nell’indifferenza dello Stato.

D’estate le famiglie che devono prendersi cura dei congiunti malati di mente, ed io ne so qualcosa, si sentono ancora più abbandonate e dunque penso che un film come il mio, serva a far riflettere sul ruolo dello Stato rispetto al grave problema dei malati e delle loro famiglie». Una cosa è certa: l’idea di trasportare in treno un centinaio di psicolabili impasticcati, per dimostrarne la finalizzata creatività, è, a dir poco, una lucida follia.

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