RomaIn 48 ore è passato dalle lodi ai bidoni, dal batticuore della firma davanti al presidente della Repubblica all’ansia del mattino per la lettura dei titoli dei giornali che lo disegnano come un uomo scaltro, che scappa dalla giustizia, che bara, gioca sporco. Una leggera emicrania da vertigine è comprensibile. Ma ieri la dichiarazione del neo ministro del Decentramento Aldo Brancher al Tg3 sembrava la frase del marziano appena rientrato nell’orbita terrestre dopo un viaggio di migliaia di anni luce nella galassia di Zwicky: «Ma come, l’Italia perde i Mondiali e la gente se la prende con me?». Apriti cielo: le truppe aliene dell’opposizione, che già annunciavano una mozione unitaria di sfiducia, hanno aperto il fuoco stellare: «Si deve dimettere - ha commentato Enrico Letta -, le sue reazioni peggiorano la vicenda».
Brancher ha parlato finalmente ieri in modo «sereno», dopo aver deciso, «autonomamente», anche se molto consigliato dagli amici, di presentarsi davanti ai giudici del processo Antonveneta a Milano il 5 luglio. Il legittimo impedimento, lo «scudo» a cui si è appellato come ministro, comporterà uno slittamento della sua presenza in aula di meno di due settimane. Dal punto di vista formale tutto è risolto. Ma rimane la domanda: Brancher si è appellato al legittimo impedimento per opportunismo o per leggerezza?
La risposta sembra essere la seconda, a giudicare dalle parole di dolore apparentemente sincero, delusione, sconcerto, che ha affidato prima ai microfoni di Sky, e poi al Tg3: «Tutto quello che ho registrato e visto in questi ultimi due o tre giorni - ha detto - è una cosa che non mi aspettavo. Sono veramente stupito di scoprire che l’Italia è fatta veramente di cattiveria, di odio a tutti i livelli e su questo sto riflettendo».
Gli è caduto il mondo addosso, insomma. Un mondo che non conosceva. Non aveva previsto le conseguenze. E quindi non aveva valutato il rischio. E in effetti non ha fatto niente contro la legge, il neo ministro. Ma politicamente la scelta di dire «no» ai giudici per impegni istituzionali è stata una catastrofe. Brancher non si aspettava però tanta «cattiveria», e nemmeno, forse, di essere scaricato come un sacco di juta dall’astronave degli alleati: «Non ho nulla da rimproverarmi. Avevo chiesto di rinviare una cosa (il processo) già rinviata altre tre volte, e allora non ero ministro». Con apparente candore, ha quindi spiegato che «questi sottintesi, andare a cercare chissà che cosa, sono un superfluo. Ho dichiarato in maniera semplice semplice che non mi avvalgo di nessuna protezione». Ora, di fronte al livore, chiarisce di mantenersi «sereno» e che la sua unica preoccupazione è quella di «proteggere la mia famiglia, i miei bambini». L’ipotesi di dimissioni la esclude «nel modo più assoluto».
Ancora più incredula la sua reazione con il Tg3: tutto questo odio non sarà per caso provocato dalla sconfitta della Nazionale? Povero Lippi, avrà fatto tanti errori, ma scaricargli anche la colpa delle sventure del ministro Brancher è un po’ ingiusto. Comunque sia, le critiche, ha risposto ancora il responsabile del Decentramento, sono «una vergogna: mi ritengo una persona equilibrata e onesta, di buon senso, che ha sempre lavorato e continua a lavorare». Non si sente un ministro fantasma: «L’opposizione vada a vedere le deleghe, quelle che sono scritte, in Gazzetta Ufficiale. Vedo che ancora non sono state pubblicate», ma «sono sereno», e quindi, evidentemente, le deleghe arriveranno.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.