Il missionario: troppi misteri e troppi soldi

da Roma

Ogni giorno vede la morte in faccia. Oggi per la guerra civile, ieri per gli effetti della velenosa discarica di Dandora, a Korogocho. Padre Daniele Moschetti risponde al telefono dalla missione comboniana a Nairobi.
Come è iniziata la storia della vostra denuncia alla magistratura sul progetto italiano per la bonifica?
«Da anni cerchiamo di chiudere la discarica che produce veleni e uccide bambini. Quando nel maggio 2004 sembrava tutto fatto con l’accordo con la Jacorossi, un rimpasto di governo in Kenya annullò l’intesa. Ma quello stesso progetto, nel 2007, venne ripresentato, tale e quale, da una misteriosa società che trovò sponde nel governo di Nairobi, che a sua volta contattò il ministero dell’Ambiente italiano. La Eurafrica».
Cosa non vi piaceva di quella società?
«Scoprimmo che questa Eurafrica aveva appena 10mila euro di capitale, sede legale Napoli, un solo dipendente, e si occupava persino di arte, acqua, aria, cultura. A guidarla un certo Bruno Calzia, insieme a sua moglie».
A quel punto cosa avete fatto?
«Ho protestato con il ministro Pecoraro Scanio. Quando però arrivai a Milano e parlai con due funzionari del ministero dell’Ambiente, venni a sapere che il governo del Kenya aveva stanziato 720mila euro per Eurafrica, soldi girati proprio dal ministero dell’Ambiente italiano per un semplice studio di fattibilità. Mi sembrava un’enormità. Rimasi senza parole».
Perché?
«L’affare non riguarda solo quei 720mila euro, ma almeno 30 milioni di euro per la gestione completa della discarica».
Ha poi sentito ancora qualcuno al ministero?
«Di lì a poco mi chiamò Corrado Clini, direttore generale del ministero dell’Ambiente, che perorò la causa di Eurafrica sostenendo che a segnalare la società era stato il governo del Kenya. Io protestai anche con lui poiché, al contrario, in Kenya nessuno conosceva quella ditta. Neanche all’ambasciata italiana. Quando Clini venne a Nairobi aggiunse che Eurafrica sarebbe stata affiancata da due colossi del settore».
Quando avete deciso di andare in procura?
«Più avanti trovai, tra gli amministratori di Eurafrica, un noto personaggio legato a grosse industrie di armi.

Troppe cose cominciavano a non quadrare».
Quindi scattò la denuncia alla magistratura?
«Denunciammo tutto. L’inchiesta della procura di Roma spero faccia luce. Se il pm Cordova vuole sentirmi, sono a disposizione».

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