Missione compiuta: la Kidman è mamma

da Milano

A scanso di equivoci, l’annuncio l’ha fatto direttamente il padre ieri sul suo sito: «Questa mattina presto Nic ha dato alla luce la nostra splendida bambina, Sunday Rose Kidman Urban. Vogliamo ringraziare tutti coloro che ci hanno pensato e hanno pregato per noi». Dunque a 41 anni Nicole Kidman è diventata finalmente mamma a Nashville, Tennessee, e quindi adesso sono contenti tutti. I famigliari, ovvio. I produttori, perché presto lei tornerà a lavorare. E i paparazzi, perché d’accordo, le foto della neonata non varranno 15 milioni come quelle dei gemelli prossimi venturi della Jolie ma siamo lì. Però uno si chiede: ma che nome è Sunday Rose, che in italiano sta per Domenica Rosa? Forse solo Gwyneth Paltrow e Chris Martin sono stati ancora più azzardati, chiamando Apple - Mela - la loro primogenita e Mosè il secondo figlio. Comunque, si è conclusa anche questa telenovela: l’ultima delle grandi dive di Hollywood che voleva diventare mammà ce l’ha fatta e adesso si può soltanto fare la cronistoria di questa maternità annunciata.
Dopo la separazione da Tom Cruise (e l’adozione di due figli, Isabella e Connor) tutti i gossipari del mondo si erano rifugiati nel luogo comune: la rottura tra i due dipendeva dalla mancata maternità. Poi, dopo il matrimonio con Keith Urban era ripartito il tormentone: quando succederà? Anche in alcune interviste lei aveva fatto intendere tanta voglia di avere un bebè. Adesso che, a pochi giorni dal secondo anniversario di nozze, l’ipotesi è diventata realtà ecco che saltano già fuori tutti i particolari: la piccola pesa 2,9 chilogrammi ed è venuta alla luce ascoltando la musica di Sir James Galway, un bravissimo inglese che gli esperti chiamano «flauto d’oro» e fa della dolcezza interpretativa il suo punto di forza.

«Ci sentiamo benedetti dalla sorte e siamo grati di poter condividere con voi questa gioia» ha scritto il neo babbo sul suo sito. E adesso comincia la corsa dei fotoreporter a rubacchiare la prima foto, sbatterla sui giornali e convertire la poesia di una nascita nel banale trillo di un registratore di cassa.

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