"Il mondo ha bisogno di gentili visioni folk"

Secondo album solista per un simbolo del rock italiano, Cristiano Godano: "Qui sono me stesso"

"Il mondo ha bisogno di gentili visioni folk"

Cristiano Godano, chitarra e voce dei Marlene Kuntz, storico gruppo del rock indipendente, ha appena pubblicato il suo secondo album solista, Stammi accanto. Siamo nell'ambito della canzone d'autore, anche se non necessariamente italiana. Le canzoni sono interpretate con una strumentazione quasi sempre all'osso, e questa essenzialità si sposa con i testi di Godano, come sempre speciali: nella ricchezza del vocabolario, nella capacità di scegliere la parola giusta al posto giusto. Inutile aprire la solita discussione se i cantautori sono poeti: chi se ne importa? Ma certamente l'aria che si respira in Stammi accanto è quella della poesia. Ne parliamo con Godano.

L'uso raffinato della parola potrebbe essere stato un ostacolo al successo di massa?

"È probabile che sia stato un ostacolo, me ne rendo conto. I miei testi purtroppo esigono di essere letti per essere capiti. Il mio desiderio di stampare i testi scritti sui libretti degli album coincide col desiderio che l'ascoltatore si confronti con la lettura. E questo può essere stato nel corso del tempo un elemento di difficoltà in più, che può aver allontanato qualcuno. Io ho la sensazione, comprovata dalla testimonianza di decine di persone, che molti si avvicinino ai Marlene Kuntz perché un amico ha perorato la causa con una certa passione, sottolineando come al terzo ascolto finalmente si dischiuda un mondo. È indubbio che, a un primo ascolto, chi non è particolarmente abituato a certe cose, non solo dal punto di vista dei testi ma anche delle musiche, non si addentri".

E quali sono le sue fonti di ispirazione, guarda ai poeti, ai cantautori? Da dove nasce questa passione per la parola?

"Nasce banalmente dalle mie letture. Alcune letture importanti, soprattutto nell'ambito della letteratura, devo dire. Però non cerco molto nella poesia, e neppure nei testi di canzone".

È nota la sua ammirazione per Nick Cave.

"Certo, conosco bene i suoi testi però io scrivo con fascinazioni diverse dalle sue, quindi non lo considero un'influenza. Lo sono invece romanzi e racconti. Perché hanno un tono... Nei miei testi sento qualcosa che arriva da Nabokov. Il mio preferito in assoluto. Chiaramente è assurdo immaginare di arrivare alla sua altezza, perché lui era un genio".

Le viene rimproverato questo approccio da intellettuale?

"A volte può essere stato motivo di equivoci e di apparente supponenza da parte mia. E ci sta che io abbia mutuato qualcosa del tono aristocratico di Nabokov. Cosa che fa parte del gioco delle influenze. Non è saccenteria. Non ho mai avuto nessun interesse a esibire la cultura".

In questo disco si respira una grande libertà, è fatto per essere portato dal vivo?

"Questi pezzi, che si possono definire folk, sono strutturati per essere portati dal vivo nonostante siano acustici. In quanto alla libertà, ho cercato, laddove possibile, di non emulare il me stesso che scrive per i Marlene Kuntz. Per riuscirci ho evitato di frapporre fra me e l'io narrante delle barriere di qualche tipo. In questo disco sono io, e sto cantando le mie cose".

C'è poco di simile sul mercato...

"Queste canzoni stanno in piedi anche se eseguite solo con chitarra e voce. Ho evitato artifici per far suonare i pezzi secondo lo spirito del momento. Questo disco qua, agli occhi del mondo, è folle perché lontano dalla musica che si sente in giro. Poi, per carità, come me è pieno il mondo di musicisti che hanno questa visione idealistica".

Qual è il tema portante del disco?

"La vulnerabilità. Ultimamente ho sentito la parola vulnerabilità in bocca ad altri artisti. Ad esempio Achille Lauro ha fatto un'intervista in cui ha parlato di vulnerabilità, che non è il tipo di valore che ci si aspetta da una rockstar, per definizione invincibile, che deve sempre far vedere i muscoli, la componente sensuale, la trasgressione. Invece questa dimensione più intima mi sembra che sia un atteggiamento sdoganato solo di recente, un po' come l'ammettere di soffrire di depressione. Dieci anni fa non si dicevano queste cose".

I brani sono del 2021: come mai ha aspettato così tanto a pubblicarli?

"Mi sono sembrati ancora attuali. Paradossalmente, forse, lo sono addirittura di più. Succede con diversi pezzi. C'è una canzone, ad esempio, che i Marlene Kuntz eseguono nel tour con l'orchestra. Si intitola Pensa. Sembrava un pezzo minore uscito su un disco fatto per accompagnare la nostra partecipazione a Sanremo. Pensa è sulla gentilezza e la gentilezza di questi tempi è identificata come necessaria per tornare a essere umani, a non perdere l'empatia, a non rinunciare a certi valori a cui eravamo abituati. Sono orgoglioso di aver intercettato questo tema molti anni fa".

Alcune canzoni toccano il tema del nulla e della vacuità, del vuoto rassicurante. Come mai?

"Quando ho scritto i pezzi, si intravedeva un'uscita dall'incubo della pandemia. E ho avuto, complici anche altri due o tre accadimenti, tipo la fine di un amore importante, i miei momenti ansiogeni, le mie turbe, le mie complicazioni interiori e esistenziali. E in quel momento lì ho approfondito la meditazione, immaginando che potesse essere una buona idea. E dalla meditazione al buddismo il passo non è così ampio. Informandomi sulla meditazione, sono arrivato anche a ritrovarmi affascinato da alcune cose cardine del buddismo. Però a tutto ciò aggiungo che attualmente sono in una dichiarata fase di pessimismo, anche proprio nichilista".

Però c'è un testo che dice pure "so che devo continuare a sperare".

"Da una parte ho questa presenza del raziocinio, anche un po' vessatoria, che mi impedisce qualsiasi slancio spirituale, però dentro di me non riesco a sopire completamente tutto ciò che poi confluisce nella parola speranza. Non riesco ad abbandonare definitivamente la velleità di provare a cambiare le cose per me stesso e anche per chi può decidere di seguirmi".

Come nasce Dentro la ferita, la collaborazione con Samuele Bersani?

"Avevo voglia di un ospite nel disco. E poi un giorno, una volta definito il disco, ho pensato a Samuele.

Ci conosciamo, non ci frequentiamo regolarmente, ma se ci incontriamo, ci raccontiamo volentieri le nostre cose. L'autoanalisi, la ricerca della felicità, le ferite della vita sono temi che Samuele ha spesso esplorato. Mi pare sia andato tutto bene, in modo lineare".

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