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La Babele della jihad globale: oltre 30mila foreign fighter da cento nazioni

Viaggio tra i foreign fighter europei che combattono la jihad: quanti sono, dove vivono e dove vogliono colpire. Sostieni il reportage

La Babele della jihad globale: oltre 30mila foreign fighter da cento nazioni

Uno dei nove cittadini britannici arrestati in Turchia perché volevano attraversare il confine con la Siria e probabilmente unirsi ai jihadisti dell’Isis è il figlio di un consigliere laburista nella città inglese di Rochdale. La decisione del 22enne Waheed Ahmed sta imbarazzando, e non poco, il padre Shakil Ahmed e anche il suo partito, proprio mentre entra nel vivo la campagna per elezioni politiche del 7 maggio. Ma, al di là dell'opportunità o meno di una speculazione politica in campagna elettorale, viene da chiedersi cosa ci facesse un giovane di buona famiglia al confine turco. Una domanda che trova risposta in un allarmante report delle Nazioni Unite pubblicato oggi dall'Huffington Post: nell'ultimo anno i foreign fighter sono aumentati del 71%. Solo nello Stato islamico sono piovuti da oltre cento nazioni ben 25mila combattenti. Altri 6.500 si troverebbero in Afghanistan, mentre a centinaia starebbero combattendo in Yemen, Libia e Pakistan. Persino tra i sanguinari al Shabaab somali e i facinorosi Boko Haram nigeriani ci sarebbero miliziani stranieri.

"Le migliaia di combattenti stranieri che hanno raggiunto la Siria e l'Iraq - si legge nel report dell'Onu - vivono e lavorano in una vera scuola di perfezionamento per terroristi, come succedeva in Afghanistan negli anni Novanta". Secondo gli analisti delle Nazione Unite non si tratterebbe soltanto di musulmani di seconda o terza generazione, come i fratelli franco-algerini Kouachi responsabili della carneficina alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo o il maliano Coulibaly responsabile della strage al supermercato kosher di Porte de Vincennes, ma anche convertiti all'islam. "Il numero dei convertiti è significativo perché rappresenta un quarto dei foreign fighter - spiega lo studioso Oliver Roy - non troviamo questa proporzione di convertiti in nessun'altra organizzazione musulmana". Questo perché i giovani non si radicalizzano in una società tradizionalmente islamica, ma attraverso i social network e i forum. È internet che li mette in contatto e li prepara alla battaglia. Secondo i dati in mano a Roy, infatti, tra i foreign fighter ci sarebbe un po' di tutto: giovanissimi in età da liceo, ma anche trentenni e, soprattutto, donne. La componente rosa dei combattenti è salite al 16%. Tutti questi, secondo Roy, "non sono prodotti né dalle moschee né dagli ambienti musulmani". "Rispecchiano un fenomeno di atomizzazione e individualismo - conclude - si radicalizzano tra giovani nel virtuale".

È l'Europa, terra di approdo di milioni di immigrati, il Continente dove si propaga più velocemente il germe della jihad. I musulmani radicalizzati e i foreign fighter vanno e vengono senza alcun problema. Lo dimostrano i contatti dei fratelli Kouachi con lo Yemen qaedista, a lungo sfuggiti all'intelligence francese, e la capillarità della cellula britannica "Beatles" di cui fanno parte Mohammed Emwazi (meglio conosciuto come Jihadi John, il boia degli ostaggi americani James Foley e Steven Sotloff) e i miliziani che lo seguono nelle esecuzioni. Anche loro sono sfuggiti ai controlli degli 007 dell'MI6 di Sua Maestà. Nel Vecchio Continente il Paese che "forgia più foreign fighter in rapporto alla popolazione è il Belgio: sono già partiti 440 combattenti su 11,4 milioni di abitanti. Seguono la Francia (1.200 combattenti), la Gran Bretagna (ufficilamente 600, ma potrebbero arrivare fino a 2.000 unità), la Germania (tra i 500 e i 600 miliziani che, però, già ricoprono importanti ruoli di comando nella gerarchia jihadista), la Svezia (tra i 250 e i 300), l'Olanda (tra i 200 e i 250), la Danimarca (tra i 100 e i 150) e Un po' meno la Spagna (tra i 50 e 100), la Norvegia (una sessantina), la Finlandia (tra i 50 e i 70) e l'Irlanda (una trentina). Dall’Italia ne sarebbero partiti un'ottantina. Un discorso a parte merita l'Austria: da qui ne sono partiti 150 ma, secondo l'intelligence, sarebbero già rientrati in 60. Questi sarebbero a piede libero, in giro per l'Europa. Anche dai balcani l'Onu ha riscontrato un boom di partenza: l'Albania ha "esportato" 90 foreign fighter, la Serbia 70, la Bosnia Erzegovina 340 e il Kosovo 150.

Numeri che fanno raggelare il sangue.

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