Sono i bimbi kamikaze, il simbolo forse più crudele della disumana lotta dichiarata dal terrorismo contro la civiltà. Piccole creature che non sono ancora uomini e donne, imbottite di esplosivo e mandate a morire da chi è troppo vigliacco per combattere le proprie battaglie con onore.
Domenica sera la polizia irachena aveva fermato un bimbo di appena quindici anni pronto a commettere un attentato suicida a Kirkuk, nel Kurdistan iracheno (guarda il video). Nascondeva l'esplosivo sotto la maglietta di Messi, per passare inosservato sotto gli occhi degli agenti.
Sempre domenica, riferisce il comando della polizia di Baghdad, un altro ragazzino si è fatto saltare in aria in una moschea sciita, ferendo due persone. Un ragazzino di cui non si conosce l'età, ma che - orribile coincidenza - è il fratello del dodicenne arrestato poche ore dopo a Kirkuk.
I due, originari di Mosul (capitale irachena del Califfato), sarebbero stati indottrinati dal padre, che li avrebbe "incoraggiati ed addestrati a compiere azioni suicide", forse per conto dello Stato Islamico.
Una versione parzialmente smentita dal quindicenne tratto in salvo, che agli inquirenti aveva invece raccontato di essere stato "rapito e sedato" dagli uomini del Califfato, che lo avrebbero costretto ad immolarsi in un attentato. L'ennesimo dei tanti bimbi kamikaze immolati sull'altare della follia terroristica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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