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Cina, costretto a curarsi perché gay: ora la clinica dovrà risarcirlo

Gli somministrano farmaci a forza perché gay: i giudici del tribunale di Zhumandian, in Cina, condannano la clinica psichiatrica a risarcire un cittadino omosessuale

Cina, costretto a curarsi perché gay: ora la clinica dovrà risarcirlo

Per 19 giorni è stato costretto ad ingurgitare farmaci per “guarire” dall’omosessualità. Ora Yu, un cittadino cinese di 38 anni, dovrà essere risarcito dalla clinica psichiatrica che gli aveva diagnosticato un “disordine di preferenze sessuali”.

Era il 2015 quando l’uomo, su richiesta della moglie e di alcuni familiari, era stato ricoverato in una clinica psichiatrica di Zhumadian, nella provincia cinese dello Henan, per essere sottoposto ad una terapia di “conversione sessuale forzata”. I medici della struttura, secondo quanto testimoniano i documenti presentati da Yu in tribunale, gli avevano fatto iniezioni e somministrato a forza una serie di farmaci per “guarirlo” dall’omosessualità. Una volta dimesso, però, Yu si è rivolto al tribunale di Zhumandian, determinato a denunciare le violenze subite. E per la prima volta i giudici hanno dato ragione all’uomo, condannando la clinica a risarcirlo con cinquemila yuan – l’equivalente di circa 700 euro – e a scusarsi pubblicamente per l'accaduto attraverso un quotidiano locale.

Il pronunciamento dei giudici, che risale al 26 giugno scorso, è stato salutato dalla comunità Lgbt come una vittoria contro le terapie di “conversione sessuale forzata”. Pur non esprimendosi nel merito della pratica delle terapie di conversione sessuale la corte, infatti, secondo quanto riporta l’Associated Press, ha evidenziato come costringere un uomo che non rappresenta un pericolo per gli altri ad essere ricoverato in una clinica psichiatrica fosse contro i suoi diritti. Si tratta, quindi, di una sentenza storica, esultano gli attivisti, in un Paese dove l’omosessualità non è più considerata una malattia dal 2001 ma dove i diritti degli omosessuali continuano ad essere spesso calpestati. Ad eccezione delle grandi città, come Pechino e Shanghai, i casi di matrimoni di copertura con partner eterosessuali celebrati per compiacere i propri familiari, ad esempio, sono ancora molto frequenti nel Paese.

Quello di Yu, inoltre, non è un caso isolato. Sono molte le famiglie, infatti, che, non accettando l’omosessualità dei propri cari ricorrono alle cliniche psichiatriche per sottoporli a trattamenti di questo tipo. Trattamenti che sono in realtà vere e proprie torture. In molti casi, infatti, è stato documentato l’utilizzo di elettroshock e la somministrazione di farmaci che provocano la nausea in relazione a scene di amore omosessuale.

A documentare tutto questo, nel 2014, è stato l’attivista per i diritti dei gay, Peng Yanhui, che era riuscito ad introdursi in incognito in una delle tante cliniche di “conversione”. L’attivista di Pechino aveva poi denunciato la stessa clinica, ricevendo un indennizzo di 500 dollari per le sofferenze subite durante gli elettroshock.

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