Cronache

Salutarsi al tempo del Covid

Un mossa istantanea, che fa parte da sempre della nostra quotidianità e che ha origini millenarie, oggi ci trova impacciati e dubbiosi: parliamo della stretta di mano al tempo del Covid.

Salutarsi al tempo del Covid

In origine era la stretta di mano, il modo più in voga per salutarsi. Nata nel vicino Oriente e diffusasi come segno di cortesia in tutto il mondo. Un gesto semplice e millenario che si pensava non sarebbe mai stato accantonato. Eppure il dilagare del Covid-19 ha cambiato tutto: dalle nostre più disparate abitudini quotidiane, al modo di presentarci, salutarci, e avere un contatto umano con un amico come con uno sconosciuto.

Appena quattro mesi fa, non ci saremmo mai lontanamente immaginati l'incombenza di codesto problema. Al massimo, potevamo crucciarci sulle regole del galateo nel momento del saluto: non accompagnare l'espressione "piacere" nelle presentazioni ma scandire il proprio nome durante una stretta di mano - vigorosa tra uomini, e più composta e ed elastica con le signore. Oppure curarci di sapere se e quando abbandonarci al baciamano: solo in occasioni particolari e nei riguardi di donne sposate (in teoria). Di non porgere mai la mano ad un giapponese. Ma adesso, in questo 2020 di pandemia, il grande problema è la prudenza che limiti al massimo ogni contato e ogni possibilità di contrarre il pericoloso virus da Sars CoV-2. È così che ci siamo inventati nuovi usi e rispolverato vecchi costumi - per quanto altrettanto fallibili - per salutare amici, congiunti e conoscenti.

Vi sarà capitato infatti di trovarvi impacciati nel salutare un vecchio amico che però, prendendovi in contro piede, vi ha invitato a battere il gomito contro il vostro - abitudine in voga dopo l'epidemia di influenza suina del 2006 e impiegata dove l'Ebola è dura a morire. Oppure di trovarvi a salutare un cliente o un collega con il complicato quanto scenografico "footshake": battere il piatto del piede con quello dell'altro, metodo importato dalla Cina e promosso dalla dottoressa Sylvie Briand, responsabile delle pandemie dell'Organizzazione mondiale della Sanità. Alcuni hanno iniziato a limitarsi ad un saluto a distanza, un metro o più; altri, soprattutto a Oriente, hanno risfoderato il namastè. Mentre molti, ad Occidente, stanno rivisitando i metodi di saluto in voga tra rapper e crew di diverse subculture: pugni, gestualità varie e via dicendo. Curiosa, per quanto corretta nella concezione di distanziamento sociale, la proposta di Vittorio Feltri, che già in tempi non sospetti proponeva - per il conferimento immediato del premio della critica - il ritorno in auge del vecchio saluto a braccio teso. Comune ai tempi dell'Impero romano. Un gesto che per le menti più fini è però difficile da differenziare dal saluto fascista, e quindi rimane al centro di una lunga e scabrosa diatriba nel campo dell'apologia di reato.

Rimane dunque tra le più consigliabili espressioni di bonarietà verso il prossimo, in questa calda estate di pandemia, quella di lavarsi bene le mani; e di arrischiarsi a scambiare un segno di "pace" - poiché la stretta di mano nasce come dimostrazione di non essere armati, e dunque di non essere intenzionati a guerreggiare - solo con chi condivide il vostro stesso temerario coraggio nel porgervi un palmo della mano da stringere; per scambiare un contatto fisico che rischia addirittura di sfociare in un grande abbraccio.

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