New York Quindici iniezioni letali e due ore di atroci sofferenze per morire: la pena capitale torna nell'occhio del ciclone negli Stati Uniti dopo una nuova esecuzione choc. Questa volta la mano del boia si è manifestata in tutta la sua crudezza in Arizona, nel carcere di Tucson, dove per ben quindici volte è stato iniettato il mix letale di farmaci nelle vene di Joseph Wood. Secondo i legali del condannato - rinchiuso nel braccio della morte dal 1989 per l'uccisione della fidanzata e del padre di lei - e le associazioni per i diritti umani, si tratta di «un'esecuzione senza precedenti», dove nessuno dei protocolli legali è stato rispettato.
L'esecuzione di Wood, avvenuta il 23 luglio, ma i cui dettagli sono emersi solo ora, rafforza le polemiche sulla pena capitale in America: l'amministrazione Obama vuole chiarimenti su quanto accaduto, e nel partito democratico sono in diversi a chiedere un'inchiesta indipendente sulle istituzioni carcerarie. Mentre dal fronte repubblicano, il senatore del Grand Old Party ed ex candidato alla Casa Bianca, John McCain, afferma: «Si è trattato di un'esecuzione terribile. Questi sono veri e propri episodi di tortura». Nel frattempo, il ministro della giustizia Usa, Eric Holder, annuncia di aver aperto un'indagine, e le esecuzioni in Arizona sono state momentaneamente sospese. Anche il governatore dello Stato si dice «preoccupato» per quanto accaduto, ordinando un riesame della pratica.
I funzionari del carcere di Tucson avevano stimato che per uccidere Wood con il cocktail letale composto dal midazolam, un anestetico, e dall'idromorfone, un potente analgesico, sarebbero stati necessari dieci minuti, invece per morire l'uomo ha impiegato un'ora e 58 minuti. Per gli esperti è stata una delle esecuzioni più lunghe di sempre. La scena secondo i testimoni è stata raccapricciante: l'uomo bloccato sul lettino per almeno 60 volte ha tentato di liberarsi, gemendo e ansimando, e alcune delle persone presenti raccontano di averlo visto boccheggiare e di aver contato oltre 600 gemiti. Ma la famiglia delle due vittime di Wood non mostra segni di pietà: «Non credo che abbia sofferto», commenta Jeanne Brown, sorella e figlia delle vittime. «Ha avuto quello che si meritava - aggiunge - Non sapete cosa significa vedere una sorella e un padre giacere in una pozza di sangue». L'episodio alimenta nuovamente il dibattito sul tipo e sulla provenienza dei farmaci utilizzati nelle esecuzioni. Il mix letale che ha ucciso Wood è uno dei nuovi cocktail utilizzati in alcuni Stati americani, i quali spesso hanno difficoltà a reperire i barbiturici per le iniezioni letali, poiché le aziende farmaceutiche si rifiutano di fornirli per le esecuzioni.
Il caso del prigioniero di Tucson riporta alla mente quanto accaduto lo scorso aprile in Oklahoma, dove un uomo di nome Clayton Lockett ha sofferto per 43 minuti prima del decesso. Mentre il boia iniettava il mix di veleni, infatti, una vena si è rotta, e Lockett è morto d'infarto dopo una lunga agonia. In quell'occasione la Casa Bianca definì l'esecuzione disumana, e anche il presidente Barack Obama intervenne promettendo di rivedere le procedure che regolano l'attuazione della pena di morte. Ma le associazioni per la difesa dei diritti civili rimangono scettiche, e ritengono che la strada verso la fine delle esecuzioni sia ancora molto lunga in un Paese come l'America dove la maggioranza degli elettori continua a sostenere la pena capitale.
Secondo un sondaggio choc pubblicato da Nbc nel mese di maggio, inoltre, c'è una fetta della popolazione statunitense che vorrebbe sistemi alternativi all'iniezione letale come la camera a gas o la sedia elettrica. E una piccola minoranza chiede addirittura un ritorno all'impiccagione o al plotone d'esecuzione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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