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I nuovi Raqqafeller?

Come il petrolio dell'Isis arriva in quantità in Europa e non solo

I nuovi Raqqafeller?

Parafrasando il cognome dei leggendari tycoon del petrolio americani, i Rockefeller, ecco una disamina di come il petrolio rubato dalle forze dell'Isis viene contrabbandato in Turchia, e riesce ad arricchire una grande quantità di intermediari. L'oro nero estratto dall'Isis è diventato una forma di finanziamento vitale per lo Stato Islamico. Ma ancora non è chiaro chi lo compri e in che maniera l'Isis riesca a finanziarsi con i proventi di questa vendita. Ma una domanda sorge spontanea: come fa l'oro nero iracheno e siriano ad arrivare dai campi petroliferi alle navi cisterna? Vediamo come funziona questo traffico.

Chi ne sta approfittando?

L'Isis utilizza gli ingenti profitti derivanti da questo commercio per espandere e gestire le aree sotto il suo controllo, e questa è la vera emergenza. Il percorso è il seguente: l'Isis vende a basso prezzo il petrolio siriano e iracheno ai contrabbandieri curdi e turchi che etichettano i barili come se fossero prodotti nelle aree in mano al Governo Regionale Curdo, virtualmente autonomo all'interno dei confini iracheni.

I campi petroliferi

I giacimenti sono nell'Iraq del nord e nell'est della Siria, sulle reti che li delimitano cartelli firmati ISIS avvisano: " Vietato fotografare ­ violazione del divieto a rischio della vostra sicurezza" I campi sono attivi per circa nove ore, di notte, dal tramonto all'alba, il personale che vi lavora è composto da operai e tecnici iracheni, gli stessi che gestivano gli impianti prima della conquista da parte dell'Isis. Il gruppo islamico dipende quasi interamente da questo finanziamento, dopo che i rapimenti sono quasi cessati, insieme alle donazioni. I lavoratori iracheni, e le loro famiglie, sono ovviamente ben trattati e pagati, poiché sono essenziali per la produzione.

Miglioramento della produzione

Le capacità estrattive sono ulteriormente migliorate durante il 2015 a seguito dell'ottenimento di pompe elettriche e macchinari idraulici asportati dai campi di Allas e Ajeel, catturati nei pressi della città di Tikrit, luogo di nascita di Saddam Hussein. Il gruppo ha sequestrato anche il macchinario di una piccola compagnia petrolifera asiatica che stava procedendo all'estrazione presso Mosul, a seguito della conquista di questa città. Sulla stima delle osservazioni dei camion cisterna che escono dall'Iraq per raggiungere la città turca di Sirnak, sul confine fra i due Stati, l'Isis produce circa trentamila barili al giorno nei pozzi siriani e iracheni.

Il viaggio

Le informazioni sono state ottenute da un ufficiale dei servizi segreti iracheni, verificate dai funzionari curdi al confine fra il Kurdistan iracheno e la Turchia e confermate dal dirigente di una delle tre ditte che trafficano con il petrolio contrabbandato dall'Isis. Sia i servizi segreti iracheni sia gli investigatori statunitensi stanno lavorando, almeno sembra, per fermare il flusso di petrolio. Le cisterne cariche lasciano la provincia di Ninive e si dirigono alla città di Zakho, che si trova a 88 km da Mosul. Zakho è una città del Kurdistan iracheno, sul confine con la Turchia. Nel momento in cui i convogli di cisterne, generalmente fra le settanta e le cento unità, arrivano nella città, vengono raggiunte dai contrabbandieri, siriani, curdi iracheni, turchi e iraniani. Naturalmente vi è un capo convoglio che gestisce l'operazione e vende il carico al migliore offerente, in un'asta fra le varie bande, che oramai si fanno una guerra spietata. Il miglior offerente paga un acconto in contanti fra il 10 e il 25 % in dollari USA sul prezzo pattuito e il resto in seguito.

I conducenti lasciano le cisterne ad altri guidatori dotati di documenti per l’espatrio e permessi per la Turchia. I conducenti iracheni a questo punto riportano nella aree controllate dall'Isis altre cisterne vuote giunte in precedenza. Questi scambi avvengono in varie zone della periferia di Zakho, stabilite in precedenza e comunicate all'ultimo istante via telefono cellulare, per evitare occhi indiscreti.

Raffineria

La normativa turca vieta l'importazione di petrolio grezzo, per cui le cisterne vengono portate presso una raffineria semiartigianale dove il prezioso liquido viene parzialmente raffinato. Il carico può così ricevere la documentazione che attesta non trattarsi più di petrolio greggio, e può così entrare nel territorio turco. Sembra comunque che al confine sia abituale favorire il passaggio con generose mance al personale in servizio. A quel punto i camion proseguono verso la città di Silopi, dove vengono accolti da un personaggio dal nome fittizio di Farid, che, dicono, essere un greco­israeliano con doppia cittadinanza, abitualmente accompagnato da un nutrito stuolo di guardie del corpo. Dal momento che il petrolio raffinato è giunto in turchia è indistinguibile da quello che giunge dal Kurdistan iracheno, e viene acquistato dagli stessi commercianti che comprano quello legale.

Profitti e clienti

Il guadagno dell'Isis è nell'ordine dei 15/18 Dollari USA al barile, per la bella somma di circa 19 milioni di USD mensili! Il personaggio citato è proprietario di una azienda di import­export perfettamente legale che gestisce l'esportazione del petrolio anche verso Israele, tramite alcune compagnie che hanno sede nello stato ebraico. Le compagnie a loro volta acquistano al miglior offerente questo petrolio, raffinato e contrabbandato, dopodichè lo trasportano in Israele attraverso i porti di Mersin, Dortyol e Ceyhan, secondo il funzionario servizi segreti iracheni. In agosto il Financial Times ha riportato che il 75% del petrolio importato in Israele arriva dal Kurdistan iracheno.

In Europa

Ma c'è di più. Secondo un funzionario europeo di una compagnia petrolifera internazionale la trafila prosegue:, in Israele il petrolio viene ancora raffinato, ma non a livello sufficiente per la commercializzazione alla pompa. Questo petrolio parzialmente raffinato viene così rivenduto entro un paio di giorni, con uno status ormai legale, a un certo numero di compagnie private ma, e qui una notizia davvero curiosa, la quantità maggiore viene acquistata da una raffineria italiana, che la fonte dice essere di proprietà di un petroliere italiano proprietario di un importante pacchetto di quote in una squadra di calcio. A questo punto il petrolio semi raffinato ha raggiunto il prezzo di 30/35 $ al barile. Lo stesso dirigente di compagnia petrolifera, che mantiene l’anonimato, sostiene che proprio in Israele si è venuto a formare un “pool” di negoziatori che ha permesso all’Isis di commercializzare il petrolio all’infuori di Iraq, Siria e Turchia. Senza un intermediario in Israele le compagnie petrolifere non riuscirebbero ad acquistare questo prodotto. Sempre secondo il dirigente, pochi sono i Paesi che accettano di acquistare questo petrolio, proprio per i rischi collegati alla natura poco legittima e a causa del conflitto contro gli islamici.

Consegna e pagamenti

Le nostre fonti arabe sostengono che i pagamenti avvengono in questa maniera: dapprima l’Isis riceve un pagamento in contanti fra il 10 e il 25 % da parte delle bande di trafficanti sul confine turco. A seguire i pagamenti da parte degli intermediatori vengono depositati su un conto, di una banca turca, intestato ad un anonimo cittadino iracheno, i denari verranno poi trasferiti a Mosul e Raqqa, dove verranno “ripuliti” col tramite di un certo numero di agenzie di cambia­valute. Infine, un’altra parte verrà usata per comprare automobili, che verranno esportate in Iraq, dove saranno vendute da emissari dell’Isis a Baghdad e nelle città del sud, e i danari verranno poi trasferiti nei forzieri della struttura islamica.

L’Isis risponde

Il nostro contatto ha avuto modo di mettersi in comunicazione con un personaggio vicino ai vertici dell’Isis che ha affermato che l’organizzazione non avrebbe avuto la minima intenzione di vendere petrolio a Israele e neppure ad altri Paesi occidentali, ma cede l petrolio tramite dei mediatori, che vendono alle compagnie, i quali hanno in mano il commercio e decidono in autonomia a chi vendere. I Paesi coinvolti Le esportazioni totali dai porti turchi di Ceyhan, Mersin e Dörtyol raggiungono alcuni Paesi europei e non, fra questi Francia, Spagna, Grecia, Cipro, Turchia, Italia, Israele.

Insomma le strade del petrolio sono infinite e le incongruenze di questa stranissima guerra al califfato non finiscono certo qui.

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