In India cambieranno le norme per il reato contro l'omosessualità. La Corte Suprema ha chiesto al governo di rivederle sostenendo che la tesi di “crimine contro l’ordine della natura” è arcaica ed è stata introdotta dall’Inghilterra puritana dell’800 all’India postcoloniale con l’appoggio degli ultrareligiosi.
"Ciò che è naturale per uno potrebbe non essere naturale per gli altri", hanno scritto i giudici della Corte Suprema. Si tratta di una sentenza che soppianta la precedente decisione della Corte Suprema ( del 2013) con cui, in mancanza di una legislazione nuova, si dichiarava valida la legge coloniale. Nello stesso tempo, però, si invitava il governo a emanarne una nuova.“ Il cittadino che esercita la propria scelta non dovrebbe mai sottostare a uno stato di paura", si legge ancora nella sentenza "I confini della legge - si sottolinea - non possono calpestare o limitare il diritto intrinseco dell’individuo ai sensi dell'articolo 21, il diritto alla vita e alla libertà".
Una decisione che è stata ben accolta dal principe Manvendra Singh Gohil, ultimo erede e primo gay di un’antica dinastia di Maharaja induisti, che ha annuniato di aver messo a disposizione un terreno di 7 mila ettari dove sorgerà il primo centro di aiuto per la comunità LGBT. Un posto dove possano trovare riparo i gay o i transgender in fuga da familiari oppressivi, da ritorsioni e dalla persecuzione di una legge di fine ‘800.
Manvendra stesso era stato disonorato dalla sua famiglia poco dopo aver fatto coming out. “In India – ha detto il principe indiano - siamo mentalmente condizionati dalla famiglia e dai genitori. Nel momento in cui cerchi di dichiarare quello che provi ti viene detto che verrai buttato fuori e che la società ti boicotterà. Diventi un emarginato sociale.
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