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Intervista a Shu Juanguo, presidente dell'associazione dei ristoratori cinesi in Italia

L’emergenza sanitaria e la speranza nella ripresa viste da un imprenditore cinese in Italia. Intervista a Shu Juanguo, presidente dell'associazione dei ristoratori cinesi in Italia

Intervista a Shu Juanguo, presidente dell'associazione dei ristoratori cinesi in Italia

Shu Juanguo, Jian per gli amici, è il presidente dell’associazione dei ristoratori cinesi in Italia ed è tra le personalità note della comunità cinese italiana. Gli chiediamo come la comunità cinese romana e italiana viva l’emergenza sanitaria e l’attesa della ripresa. "Noi cinesi residenti in Italia eravamo già preparati quando l’epidemia è arrivata in Italia" inizia Jian, "in virtù appunto dell’esperienza cinese e delle informazioni che ci erano giunte tramite i notiziari o dai nostri parenti. In Italia abbiamo deciso preventivamente di autoisolarci e chiudere ogni attività prima del lockdown imposto dal governo all’apparire dei primi casi".

Intervista a Shu Juanguo, presidente dell'associazione dei ristoratori cinesi in Italia

In Italia si sono verificati episodi di intolleranza verso cinesi italiani. Vogliamo invece ricordare adesso solo i gesti di amicizia e solidarietà.

"E’ vero. Insieme all’emergenza in Cina sono iniziate le discriminazioni e di conseguenza anche il crollo economico delle attività cinesi in Italia, in primis la ristorazione. I personaggi più noti della comunità cinese italiana sono stati poi ospitati nelle trasmissioni televisive e hanno potuto raccontare e denunciare, e così alcune figure della politica e delle istituzioni italiane hanno dimostrato la loro solidarietà, nel modo più oggettivo: recandosi nei ristoranti cinesi. Anche Palazzo Chigi ha poi sostenuto la Cina, inviando aiuti sanitari, poi ricambiati con l’emersione della pandemia in Italia".

Diciamo pure che gli imprenditori cinesi in Italia sono stati colpiti due volte. I ristoranti si sono svuotati al primo apparire del covid, e poi hanno vissuto tutto il lockdown italiano. Chi meglio di lei, da presidente dei ristoratori cinesi italiani, può commentare...

"La sofferenza delle attività cinesi è comune, se non peggiore, a quella degli altri imprenditori, noi abbiamo scelto di chiudere preventivamente. Ma il virus ha colpito tutti! Siamo in attesa che l’emergenza svanisca e pian piano, secondo i criteri di sicurezza che ci saranno proposti, partiremo con la ripresa, perché è tanta la voglia di rialzarci!".

Il 2020 segna il cinquantesimo anniversario delle relazioni tra la Cina e l’Italia e doveva essere anche l’Anno del Turismo tra Italia e Cina.... Nella seconda parte di quest’anno sarà possibile riguadagnare il tempo perduto? E rivitalizzare l’economia della comunità cinese in Italia?

"Nessuno poteva prevedere la pandemia, quest’anno doveva essere ricco di scambi interculturali grazie soprattutto al flusso del turismo bilaterale. Gli italiani stanno conoscendo la Cina e la sua bellezza ma nei prossimi mesi, quando l’emergenza sarà calata, chi potrà permettersi una vacanza lo farà restando Italia, anche per rilanciare lo sviluppo nazionale. L’economia della comunità cinese è sottoposta alle direttive sanitarie emanate dal governo per la fase 2. Se dobbiamo convivere con il virus dobbiamo mantenere il distanziamento sociale in tutti i luoghi di lavoro con uso delle mascherine, e ovviamente c’è un effetto sulla produttività, sul reddito che si dovrebbe generare. Dalla pandemia tutti pian piano usciremo, e tutti siamo in attesa del vaccino, quando finalmente ritorneremo alla “normalità".

Cresce la collaborazione tra Italia e Cina nell’enogastronomia. Quali iniziative lei consiglia di sviluppare?

"Bisogna incentivare l’interazione tra aziende cinesi e italiane di prodotti Doc nazionali. Attualmente la situazione è, diciamo, monodirezionale, cioè solamente con prodotti agroalimentari italiani che vanno in direzione della Cina. Inoltre si deve cercare di creare una scuola di professionisti nel food&beverage di eccellenza, che mantenga ben salda la tradizione autoctona ma sappia proiettarsi con estro verso la globalizzazione".

Infine, ci dicono che quando l’emergenza sarà finita leivorrebbe organizzare una festa, insieme italiani e cinesi, al suo ristorante, Dao.

"La festa in realtà dovrebbe essere mondiale, perché per definizione la pandemia ha colpito tutti. Sicuramente nel mio piccolo, la Cina prima e l’Italia poi sono i Paesi che mi stanno a cuore. Sarà bello riunirci e brindare insieme, scene che davano per scontate una volta, e ora non più possibili.

L’attesa per quel giorno è vibrante, dura, ma il dopo sarà meraviglioso! Aspettiamo con ansia, sperando che arrivi presto".

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