Iraq, le armi italiane ai pashmerga per piegare i tagliagole dell'Isis

Importanti aiuti italiani stanno arrivando ai peshmerga impegnati in Iraq. Oltre a forniture militari, tra cui il controcarro Folgore, anche l'addestramento per le reclute curde

Iraq, le armi italiane ai pashmerga per piegare i tagliagole dell'Isis

“Il controcarro Folgore lo impieghiamo sulle trincee per liberare Sinjar. E per questo ringraziamo l’Italia, ma ci servono anche blindati, visori notturni ed i vostri corpi speciali al nostro fianco, come già fanno altri paesi”. Non ha peli sulla lingua il generale Izzedin Sa’din Saleh, baffetto curdo, che comanda la 12ima brigata nell’attacco alla città martire degli yazidi, la minoranza religiosa bollata come adoratrice del diavolo dallo Stato islamico.

Nei giorni scorsi il contingente di 200 paracadutisti nel nord dell’Iraq ha concluso il settimo corso di addestramento per le reclute curde. Da gennaio gli italiani hanno già formato 2000 combattenti Peshmerga su un totale di 5mila addestrati dalla missione sotto nostro comando composta da sei paesi oltre al nostro (Germania, Gran Bretagna, Norvegia, Finlandia, Olanda e Ungheria). Le armi italiane fornite ai curdi per combattere al Califfo non si limitano ad 80 controcarro Folgore, una specie di cannone senza rinculo che serve a sbriciolare i bunker delle bandiere nere, con 1000 proiettili. Il nostro paese ha fornito anche 100 mitragliatrici Browning, 825mila cartucce di vario calibro e 4000 munizioni anticarro. Un granello nel deserto su un fronte lungo mille chilometri da Mosul, la “capitale” irachena del Califfo fino a Sinjar vicina al confine siriano.

Ma proprio il fianco destro del fronte, otto chilometri dalla Siria, è tenuto da due battaglioni yazidi addestrati dagli italiani. I soldati sono appostati dietro i sacchetti di sabbia in campi trincerati dispersi nel deserto. Il loro compito nell’offensiva è evitare contrattacchi jihadisti alle spalle della linea d’attacco. I militari yazidi mostrano orgogliosi il brevetto di addestramento e urlano in coro: “Italia bene”.

La missione tricolore si chiama Prima Parthica dal nome della legione romana di Settimio Severo. Nel 197 dopo Cristo si spinse fino in Mesopotomia e piantò l’accampamento più avanzato proprio a Sinjar. Il contingente, come annunciato a fine ottobre dal ministro della Difesa, Roberta Pinotti, aumenterà fino a 750 uomini per un costo di 65 milioni di euro. I rinforzi riguardano 100 unità di carabinieri a Baghdad, dove l’Arma addestra la polizia irachena.

Per ora i quattro Tornado ed i droni dispiegati in Kuwait continueranno a scattare foto degli obiettivi anziché bombardare. Ad aprire la strada ai Peshmerga nella liberazione di Sinjar ci pensano i caccia americani, inglesi e francesi, che da settimane martellano le postazioni delle bandiere nere.

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