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Little Armenia, l'Hollywood lontana dai riflettori che ricorda il genocidio

Nella comunità armena di Hollywood nel giorno del centenario del genocidio

Little Armenia, l'Hollywood lontana dai riflettori che ricorda il genocidio

Karapet ha 50 anni e da sempre lavora nella sua officina a Hollywood. Ma non ha mai visto un auto di lusso o un cliente vip. Sì, perché esiste un quartiere di Hollywood lontano dai fasti delle star del cinema che ha una storia molto più interessante. Si tratta di Little Armenia, un vero e proprio villaggio dove si parla solo armeno, le insegne hanno scritte in un altro alfabeto e in totale vi abitano circa 40mila persone di origina armena. In questa comunità la data del 24 aprile è la più attesa sul calendario e quella del 2015, che coincide con il centenario del genocidio armeno, ha ancora maggiore importanza.

Il 24 aprile 1915 i soldati turchi dell'Impero Ottomano cominciarono a uccidere gli armeni che abitavano nella loro nazione. Nel corso di due anni almeno un milione e mezzo di armeni venne ammazzato, principalmente tramite fucilazione e decapitazione. Il governo turco dell'epoca voleva creare uno stato compatto sotto la religione musulmana e senza minoranze cristiane come quella armena. Inoltre, in quanto alleata con i tedeschi in vista della Prima Guerra Mondiale, la Turchia temeva la vicinanza della Russia amica della comunità armena dell'epoca. Già durante quegli anni si levarono voci di protesta contro il massacro, ma solo col tempo si è realizzato il numero di morti e la reale portata della tragedia subita dall'Armenia. La recente invettiva di Papa Francesco ha riaperto la ferita di quello che, come lui stesso ha definito, si tratta del primo genocidio dell'era moderna, comparabile alle atrocità dell'Olocausto.

La comunità armena di Los Angeles è molto attiva e mantiene vive le tradizioni della terra natia in vista della grande marcia del 24 aprile che partirà da Hollywood Boulevard e si concluderà davanti all'ambasciata turca in segno di protesta “Quello che loro hanno fatto è nei miei ricordi e nella mia mente – spiega il meccanico Karapet indicando su una vecchia cartina la Turchia senza però mai nominarla – i miei nonni me ne hanno parlato e io ho fatto lo stesso con le mie figlie. Ma noi armeni nasciamo già con questo ricordo nella testa. È una memoria genetica, è nel nostro DNA. Il genocidio non può essere dimenticato e chiunque stia progettando azioni simili, come l'ISIS, deve essere fermato subito. Vanno bloccati. Non si può ripetere quello che hanno fatto all'Armenia”.

Il paragone con gli attentati dell'ISIS è molto frequente fra gli armeni del luogo dato che i soldati musulmani stanno distruggendo tutto senza mostrare rispetto né pietà. “Quello che fanno è da condannare, in tutti i modi. I miei nonni sono dovuti scappare dall'Armenia perché i turchi non gli facevano professare la religione cristiana – racconta il prete Vicken Vassilan che guiderà la marcia del 24 aprile – io vedo molte similitudini con quanto succede ora in Medio Oriente. Vanno fermati”. La chiesa armena è di stampo cristiano e la messa è molto simile a quella del Vaticano. “Noi crediamo in Gesù e nella Santa Trinità come i cattolici. Abbiamo quasi tutto in comune. Prego per i miei fratelli cattolici perché non capiti loro ciò che è successo al popolo armeno. Sono contento che Papa Francesco abbia detto queste parole sul genocidio. Non so perché nessuno di importante negli ultimi 100 anni ne ha parlato come ha fatto lui . È essenziale che se ne discuta perché non succeda mai più, soprattutto ora che la religione cristiana è in pericolo in molte zone del mondo”. In effetti le recenti parole di Francesco sono state accolte con entusiasmo a Little Armenia e in molti sperano che altri leader mondiali seguano l'esempio.

“Molte nazioni non vogliono riconoscere il genocidio armeno perché ci sono troppi interessi in ballo – spiega il farmacista Babic Babikian che nonostante il negozio pieno si è fermato a parlare – la Turchia sta crescendo economicamente e ha vari giacimenti di petrolio e risorse naturali. Per questo nessuno vuole inimicarsela. Ma le cose devono cambiare, la gente deve sapere cosa hanno fatto i turchi al mio popolo”. A Los Angeles gli armeni hanno la fama di essere molto chiusi e restii ad abbracciare la cultura americana. Preferiscono parlare fra di loro in armeno, una lingua che insegnano ai figli, insieme ai principi della Chiesa, già da quando sono ancora molto piccoli. Eppure, quando vengono intervistati sul genocidio armeno, non si fanno pregare e ne parlano con passione, perché vogliono che si sappia cosa è successo affinché non venga dimenticato.

“I miei genitori sono arrivati in California nel 1980. Loro da piccoli erano riusciti a scampare al genocidio, ma poi avevano dovuto subire anche le angherie del comunismo sotto l'URSS che di fatto vietava la religione cristiana – racconta il panettiere Arden che distribuisce pane e dolci armeni in tutta la città – negli Stati Uniti sono stati finalmente liberi e io qui ho avuto l'opportunità di aprire il negozio con cui mantengo la mia famiglia e i miei figli. A loro ho spiegato cos'è stato il genocidio e loro lo tramanderanno ai miei nipoti”. Little Armenia è piena di graffiti che ricordano il centenario e c'è anche un murales che raffigura Putin e Obama mentre si scontrano a scherma. Il parere sull'attuale presidente americano è incerto: ha fatto molto per gli immigrati armeni, ma gli rinfacciano di non aver mai riconosciuto ufficialmente e di non aver mai usato la parola “genocidio”. Un trucco utilizzato anche dai turchi che di solito parlano dei “fatti del 1915” promuovendo il negazionismo. L'Italia, la Francia, Russia, Grecia, Argentina e Vaticano fra gli altri stati hanno riconosciuto da tempo il genocidio, ma nel resto del mondo c'è ancora silenzio.

“C'è troppa politica intorno - dice il proprietario di un negozio di alimentari con prodotti armeni e prezzi in dollari. Non vuole farsi fotografare, ma lascia che sia la cassiera, di origini armene come quasi tutti i clienti, a posare davanti alla fotocamera – quello che ha fatto il Papa è stato ottimo e spero sia solo l'inizio. Gli armeni hanno subito una tragedia atroce solo perché non erano musulmani e la Turchia era alleata di uno stato come la Germania in cui dopo nacque il nazismo. Il mondo deve sapere”. Solo nell'ultimo decennio la cifra precisa delle vittime è stata quantificata in un milione e mezzo di morti per una comunità che a quel tempo contava poco più di due milioni di abitanti. I sopravvissuti diedero vita alla diaspora, l'esodo degli armeni verso l'Occidente dove il loro culto cristiano era accettato. Gli Stati Uniti e il Canada sono state le mete preferite e qui la popolazione armena non si è fatta problemi ad accettare lavori umili, poi diventati attività di successo.

“Adoro l'Italia, d'altronde lavoro in una pizzeria – dice Harut, 24 anni – inoltre rispetto la vostra nazione perché riconosce il genocidio. Vorrei andare a Roma per incontrare il Papa e ringraziarlo per quello che ha detto. Non sono mai stato in Armenia, sono nato qui ma i miei bisnonni mi hanno raccontato cosa successe. Dal negozio guardo il murales e aspetto il 24 per marciare. Saremo almeno centomila”. In ogni negozio sventolano bandiere armene e vengono esposte effigi della Vergine Maria. La religione cristiana ha ancora un valore vitale per queste persone che devono superare ogni giorno il ricordo di una tragedia che ha toccato tutti loro.

Fuori dal supermercato intanto un auto fa sventolare una bandiera per dimostrare l'orgoglio con cui Little Armenia ricorda il genocidio.

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