Le colpe Ue sui migranti

Il dramma dei profughi siriani: "Gli africani ci rubano il cibo"

A Samos i siriani sono costretti a vivere fuori dal campo ufficiale. "Afghani e africani ci tolgono acqua e docce"

Il dramma dei profughi siriani: "Gli africani ci rubano il cibo"

Samos, Grecia - "La situazione qui è molto difficile per noi siriani". Aziz si arrampica sulla salita che divide la "giungla" di Samos dal piccolo accampamento di tende che i siriani si sono costruiti per separarsi un po' dalle altre nazionalità. Vivere sull'isola greca dove 5mila persone affollano un hotspot pensato per 648 non è facile. E i siriani, quelli che "scappiamo davvero da una guerra", si trovano ancor più in difficoltà: non sono stati inclusi nel campo ufficiale, dormono nelle tende e devono combattere contro le altre comunità (guarda qui il video).

"Quando siamo arrivati qui a Samos", spiega Aziz, "non c'era nessun posto in cui stare. La polizia ci ha detto: 'Andate da quella parte e trovate un posto in cui dormire'". E il "posto" non è altro che una fetta della foresta che circonda il campo ufficiale di Samos, una delle isole greche più vicine alla Turchia che in questi giorni sta subendo l'arrivo di migliaia di immigrati. Aziz ci mostra una distesa di tende pensate per l'estate che difficilmente potranno reggere all'arrivo dell'inverno. I più fortunati si sono costruiti con qualche legno e alcuni teli impermeabili una baracca improvvisata. "Qui dentro dormono in venti, molti sono bambini. La madre è costretta a usare le poche giacche che hanno per coprire i figli durante la notte: non ci sono le coperte e quando il sole tramonta qui fa molto freddo".

A rifornire di tende gli immigrati è un piccolo negozio cinese al centro di Vathy, la cittadina più grande dell'isola che sorge a poche centinaia di metri dall'immenso campo profughi. Gli abitanti protestano, si lamentano per la gestione di un flusso incapace di contrastare il continuo ingresso di nuovi stranieri. "Quando nel 2015 arrivarono i profughi dalla Siria, siamo stati i primi ad aiutarli con coperte, vestiti e tutto l’occorrente", racconta una negoziante. "Andavamo sulla spiaggia a cucinare per loro. Ora siamo esausti".

A modificare il comune sentire è stato anche, o soprattutto, il cambiamento intercorso nella rotta migratoria. Ad approdare non sono più soltanto i siriani, ma anche migranti da altre parti del globo. Le tre nazionalità più rappresentate a Samos sono quella afghana, quella siriana e quella congolese. Poi ci sono iracheni, palestinesi e altre nazionalità. Soprattutto provenienti dal Continente nero. "Nel 2017 i siriani erano la stragrande maggioranza e gli africani erano una rarità", spiega Nicolò Govoni, fondatore di Still I Rise. Oggi le cose sono diverse e il cambiamento "è stato nettissimo". Anche nella percezione degli abitanti. "Sono migranti economici", lamenta senza mezzi termini il proprietario di un negozio di souvenir. "Stanno qui, ricevono 90 euro al mese, non fanno altro che bere e dormire". A sentire cittadini, poliziotti e negozianti il sentimento condiviso sembra essere questo: che la Grecia accolga i profughi in fuga dalla guerra come i siriani è giusto, ma tutti gli altri no.

"All'interno del campo ufficiale ci sono pochi siriani, forse cinquanta. Tutti gli altri vivono nella giungla", attacca Aziz. "Nell'hotspot vediamo solo africani afghani e pakistani". Quello dei siriani diventa così anche un problema di convivenza: "Non ci sono abbastanza docce - dice Asif -. Noi andiamo nel campo e gli africani ci dicono che quel bagno è loro e noi non possiamo lavarci". Lo stesso si verifica durante la coda per ricevere i tre pasti al giorno distribuiti a tutti i richiedenti asilo, sia quelli che occupano l'hotspot che quelli ammassati nella giungla. "Ci sono sempre tantissimi afghani e africani in fila per prendere acqua e cibo - racconta Aziz -. Ci dicono: 'Non potete stare qui, dovete andare in fondo alla coda'. E così quando arriva il nostro turno non troviamo più nulla".

Giorno dopo giorno, la frustrazione di chi sperava di abbandonare una guerra e si ritrova in un inferno aumenta. "Noi siamo siriani", scandisce Aziz. "Scappiamo da un conflitto. Moriamo ogni giorno.

Le persone di altre nazionalità che sono qui, non scappano da nessuna guerra e non hanno alcun problema nel loro Paese".

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