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La polveriera libica e i rischi di un Califfato nel Sahel

I francesi nei prossimi mesi avvieranno una nuova missione nel Sahel, a preoccupare è l'avanzata jihadista favorita anche dalla guerra in Libia

La polveriera libica e i rischi di un Califfato nel Sahel

Non è forse un caso che i maggiori pericoli jihadisti nella regione del Sahel siano arrivati subito dopo la caduta di Gheddafi in Libia nel 2011.

Soprattutto nel Mali i gruppi islamisti hanno iniziato subito a dilagare, sfruttando anche la destabilizzazione di quel paese caduto all’interno di una tragica guerra civile. E così, gruppi vicini ad Al Qaeda nel 2012 hanno fondato qui alcuni emirati che per diversi mesi hanno imperversato nel nord del Mali. Poi l’intervento francese ha contribuito a far arretrare gli islamisti, ma non ad impedire una totale destabilizzazione del Sahel.

Oggi questa regione, che comprende cinque paesi racchiusi nell’organizzazione del G5 del Sahel (si tratta, in particolare, di Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad e Mauritania), è tornata al centro dell’interesse nell’ambito della lotta al terrorismo.

In questo 2020 appena iniziato, la preoccupazione è la stessa di 8 anni fa e riguarda soprattutto il caos libico capace di avere riflessi molto negativi nei paesi del Sahel. Negli ultimi due mesi in questa regione sono morte almeno 300 persone in diversi attentati terroristici. Burkina Faso e Mali sono stati i paesi più bersagliati dagli jihadisti, così come anche il Niger. Presi di mira anche diversi cristiani, attaccati in alcune località da gruppi armati sempre più pericolosi.

La Francia vorrebbe inaugurare in questo anno una nuova missione, da tenere assieme ad alcuni alleati europei. L’operazione “Takuba”, che nella lingua tuareg vuol dire “spada”, dovrebbe partire in estate e convogliare al suo interno diversi contingenti di soldati europei. Così come fatto notare dall’Agi, nella stessa giornata in cui a Berlino si terrà la conferenza sulla Libia il ministro francese della difesa, Florence Parly, sarà impegnata in un tour tra i paesi del Sahel proprio per programmare le future azioni da inserire nell’operazione Takuba.

Assieme a lei, anche gli omologhi di alcuni paesi europei e, in particolare, i ministri della difesa di Portogallo, Svezia ed Estonia. Incontri che seguono di pochi giorni il vertice di Pau del G5 del Sahel, dove è stato fatto il punto della situazione sul fronte della sicurezza.

La Francia vorrebbe guidare la missione, approfittando anche dell’annunciata riduzione del contingente americano nell’Africa centrale. Un modo dunque per Parigi anche per non perdere definitivamente contatto con il continente nero, lì dove la Cina appare sempre più dinamica e sempre più in grado di scalzare lo storico predominio francese.

A preoccupare maggiormente i paesi del Sahel, è soprattutto l’avanzata del gruppo dello Stato Islamico del Grande Sahara, il quale oramai avrebbe sopravanzato per numero di adepti e per pericolosità i gruppi di Al Qaeda storicamente legati a questa regione.

È proprio qui nel Sahel che il terrorismo islamico potrebbe ricevere nuova linfa e la prosecuzione della guerra in Libia non aiuta: per l’Europa, non è affatto una buona notizia.

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