"Il petrolio della Libia ai musulmani". È questo uno degli slogan che circolano nelle aree controllate dall’organizzazione dello Stato islamico (Is) in Libia, in particolare nella città di Sirte, nella cui area si trova il 60% delle riserve petrolifere del Paese.
Non è più l’applicazione della sharia islamica ad interessare i ’giureconsulti" dell’Is e i suoi leader, bensì promuovere la prospettiva della ricchezza futura del sedicente Stato islamico agli occhi dei combattenti allo scopo, stando agli analisti, di attirare sempre nuove reclute.
Come spiega il quotidiano londinese ’Al-Sharq al-Awsat’, infatti, la propaganda dell’Is in Libia è sempre più concentrata sulla promessa dell’arricchimento personale dei jihadisti attraverso l’esportazione del petrolio libico per mezzo di mediatori nei Paesi del Mediterraneo. Una promessa che però è difficilmente realizzabile, come ha spiegato l’analista di questioni nordafricane al Centro ’Al-Ahram’ per gli studi politici e strategici, Kamel Abdallah, secondo cui la capacità dell’Is di esportare il greggio libico è "una grande illusione".
è diverso, poiché in questo Paese "si possono monitorare le coste, tutto è molto chiaro ed è possibile rintracciare eventuali operazioni di contrabbando".
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