Quel "divide et impera" che fa vincere Hamas

Uno stallo militare per Israele si traduce in una vittoria di Hamas sul piano politico, diplomatico e mediatico

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu in conferenza stampa. Accanto a lui Moshe Ya'alon
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu in conferenza stampa. Accanto a lui Moshe Ya'alon
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Dopo 28 giorni, circa 1600 palestinesi e 64 israeliani uccisi, l'Operazione «Margine protettivo» volge al termine con un esito tutt'altro che esaustivo e rassicurante. La decisione del primo ministro Netanyahu di un ritiro unilaterale, senza trattare il cessate il fuoco con Hamas, sottintende che la missione è da intendersi completata con il «raggiungimento della deterrenza», frutto della distruzione di gran parte delle gallerie sotterranee e dei depositi dei razzi individuati, con la prospettiva di una tregua armata all'insegna del principio «calma in cambio di calma».

Ebbene dobbiamo prendere atto che questo esito corrisponde a uno stallo militare per Israele e si traduce in una vittoria di Hamas sul piano politico, diplomatico e mediatico, che favorirà il suo ulteriore consolidamento militare. Anche con Hamas, così come sta facendo in Siria e in Iraq, la strategia di Netanyahu è improntata alla logica del «divide et impera», immaginando che mantenere e incentivare la conflittualità tra tutti i nemici dello Stato ebraico, mette Israele nella condizione ottimale per garantire la propria sicurezza ritrovandosi ad interagire con soggetti che saranno sempre più divisi e deboli. Ed è così che, come in Siria è intervenuto per indebolire l'esercito di Assad ed in Iraq a sostegno dei curdi, anche a Gaza la scelta di indebolire Hamas senza tuttavia scalzarla dal potere e privarla dei mezzi per esercitare il potere, pur non riconoscendola come interlocutore, si colloca nella logica di mantenere i palestinesi divisi e privi di una leadership unitaria e forte.

Israele rimpiangerà l'ex presidente Peres che il 30 luglio dichiarò: «Gaza è stata strappata dalle mani del presidente Mahmoud Abbas. La cosa giusta da fare è restituirgli la Striscia di Gaza». Peres, contrariamente a Netanyahu, è convinto che la missione a Gaza debba concludersi con la rimozione di Hamas dal potere usurpato illegalmente dall'Autorità Nazionale Palestinese con una guerra fratricida nel 2006, la restituzione di Gaza ad Abu Mazen (Mahmoud Abbas) consolidando il suo potere per metterlo nella condizione di concludere un accordo di pace con Israele.

Per contro il principale obiettivo politico di Hamas era proprio quello di marginalizzare il ruolo e assottigliare il potere di Abu Mazen, che di fatto oggi è il grande sconfitto. Piaccia o meno Hamas è riuscita ad accreditarsi come l'unico interlocutore palestinese in grado di tenere testa ad Israele. Hamas ha vinto anche la guerra diplomatica imponendo alla comunità internazionale di schierarsi contro Israele o quantomeno di mantenersi equidistante, mettendo di fatto sullo stesso piano lo Stato di Israele e un'organizzazione terroristica messa al bando dall'Onu e dall'Unione Europea, di fronte alla pietosa conta quotidiana dei bambini uccisi in un contesto dove i bambini vengono crudelmente usati come scudi umani.

Così come infine Hamas ha vinto la guerra mediatica grazie all'insorgere ovunque nel mondo di un radicato e diffuso pregiudizio nei confronti degli ebrei, del sionismo e di Israele. È stata riaccreditata la tesi di Israele quale Stato illegittimo e criminale che si sarebbe impadronito con la forza della patria dei palestinesi facendo pagare loro il conto dell'Olocausto perpetrato dagli Europei, mentre la verità è che non è mai esistito uno Stato o una Patria palestinese, il popolo palestinese è un'alchimia dell'epoca moderna, Israele è pienamente legittimato dalla risoluzione 181 dell'Onu, il Gran Mufti di Gerusalemme fu un solido alleato di Hitler e palestinesi ed islamici furono corresponsabili della Shoah. Ancor di più: la verità è che il giorno in cui nascerà lo Stato palestinese sarà grazie a Israele, dopo che gli arabi si sono opposti e hanno strumentalizzato la causa palestinese per il proprio tornaconto.

L'auspicio è che Netanyahu cambi obiettivo strategico: l'attimo in cui scalzerà dal potere Hamas, riconsegnerà Gaza ad Abu Mazen e, contemporaneamente, cesserà di

favorire i terroristi islamici in Siria indebolendo Assad, conquisterà il sostegno e la gratitudine di Egitto, Giordania e Siria, ponendo delle solide basi per una pace stabile con Israele.

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