L'incubo non è finito. Lo spauracchio dello Scottish National Party è tutt'altro che archiviato. A meno di una settimana dal referendum in cui i nazionalisti scozzesi si sono visti sfuggire il sogno dell'indipendenza, il partito di Alex Salmond torna alla carica. Forte di un successo strepitoso fra gli elettori. Sono arrivate a oltre 18mila le iscrizioni al movimento pro-indipendenza nei quattro giorni successivi al voto. Un balzo in avanti del 70 per cento, che porta il partito a una quota di iscritti mai raggiunta prima: 43.644. Un'adesione strepitosa, che addirittura porterebbe l'Snp a diventare terzo partito del Regno Unito, persino sopra gli indipendentisti inglesi dell'Ukip di Nigel Farage, che alle elezioni per il Parlamento europeo di Strasburgo, forti del sistema di voto proporzionale, hanno sbaragliato laburisti e conservatori e i cui iscritti ora sono a quota 35mila circa. Ma il terzo posto è conteso anche dai Liberaldemocratici che, mentre i nazionalisti scozzesi esultano, fanno sapere di avere raggiunto quota 44mila iscritti dopo il crollo registrato nel 2012.
Che l'indipendenza non sia una battaglia archiviata lo dimostra il balzo in avanti (circa tremila nuovi sostenitori) registrato anche dallo Scottish Green Party, anch'esso schierato per il sì al referendum sull'indipendenza del 18 settembre. E infatti Alex Salmond, first minister scozzese dimissionario dell'Snp, dopo i toni arrendevoli esibiti nelle ore successive al voto, quando ha parlato di un'occasione «unica per una generazione» e annunciato che si dimetterà a novembre ma resterà in carica come membro del Parlamento scozzese, è tornato alla carica sul tema della secessione nelle ultime ventiquattrore. Forte delle nuove iscrizioni, il leader scozzese ha lasciato intendere che per raggiungere il suo obiettivo - o la sua ossessione, l'indipendenza - potrebbero esserci molte strade. E anche se il referendum è la migliore, se e quando il Parlamento scozzese otterrà maggiori poteri, cioè se ci si trovasse in una situazione in cui «si è indipendenti in tutto, tranne che nel nome», «a quel punto presumibilmente, ci si potrà dichiarare indipendenti» unilateralmente. «Molti Paesi hanno percorso questa strada», ha spiegato Salmond in un'intervista a Sky News . Il leader scozzese lascia intendere insomma che una forzatura, un'autoproclamazione di indipendenza potrebbe essere vicina, specie se il Regno Unito non mantenesse la promessa di maggiori poteri alla Scozia o decidesse nel frattempo di lasciare l'Unione europea (opzione a cui gli scozzesi sono nettamente contrari). Nel frattempo, infatti, l'Snp potrebbe avere strappato un'altra maggioranza schiacciante a Holyrood, il Parlamento locale nato dopo la devolution . E allora magari si potrebbe votare di nuovo per la secessione, forti dell'enorme successo registrato fra le nuove generazioni: ha detto «sì» all'indipendenza il 71% dei ragazzi di 16 e 17 anni e infatti Salmond ha chiesto che il voto per i sedicenni sia esteso a tutte le altre consultazioni «in Scozia e nel Regno Unito».
Il leader indipendentista sa che dopo il voto un certo malcontento sta crescendo anche fra gli scozzesi che al referendum hanno votato «no». Il primo ministro Cameron, al lavoro per ridisegnare i nuovi assetti di uno Stato federale a quattro nazioni, vorrebbe infatti trattare la «questione scozzese» insieme a quella inglese, approfittando per regalare più poteri anche i suoi elettori del Sud. Poi c'è la delusione degli elettori laburisti in Scozia: chi ha votato «sì» all'indipendenza non ha gradito la mobilitazione del partito contro la secessione, chi ha votato «no» si sente tradito dai propri referenti laburisti, che avevano sottoscritto una promessa comune per maggiori poteri alla Scozia al fianco dei Tory.
Non solo: ieri dal Congresso laburista, il leader Ed Miliband ha annunciato una serie di nuove tasse - l'incubo degli elettori scozzesi - in caso di vittoria alle prossime elezioni politiche. Facile capire perché l'Snp vada all'incasso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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