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Siria, Isis decapita un bimbo e si teme per il destino di altri 15 minori

Un bambino decapitato e altri quindici che rischiano di fare la stessa fine. Mentre l'esercito governativo si prepara a scacciare l'Isis dal sud della Siria i miliziani cercano di barattare gli ostaggi con la salvezza

Siria, Isis decapita un bimbo e si teme per il destino di altri 15 minori

Un bambino decapitato ed altri quindici in ostaggio. In Siria il terrore non si arrende all’avanzata dell’esercito governativo che ha sigillato l'Isis in sacche di territorio sempre più ridotte. Anzi, proprio per cercare di liberarsi dal cul-de-sac in cui sono stati confinati, i tagliagole asserragliati a sud del Paese hanno preso in ostaggio decine di civili tra cui sedici minori di età compresa tra i 7 ed i 15 anni.

Il rapimento è avvenuto lo scorso 25 luglio nel governatorato druso di Sweida, in Siria meridionale, al termine di un attacco suicida rivendicato dalle bandiere nere con un comunicato. “I soldati del Califfato – si legge nella rivendicazione – hanno sferrato un attacco contro obiettivi della sicurezza e del governo nella città di Sweida”. Il bilancio della strage è drammatico: più di 200 vittime tra civili e miliziani filogovernativi e almeno 27 persone sequestrate. A rimanere a terra, però, sono anche i cadaveri di 45 jihadisti.

Gli ostaggi sono tutti drusi. Gli appartenenti a questa minoranza, in Siria, sono 700mila e come gli yazidi vengono considerati dall’Isis alla stregua di apostati dell'islam. Chiunque si macchi di questa colpa, per i miliziani di Baghdadi, è un nemico da punire con la pena capitale.

La notizia dell’esecuzione di uno dei minori è stata data dalla Human Rights Watch (Hrw). Ma non è il primo caso. Secondo quanto si apprende dai media locali, infatti, un prigioniero diciannovenne è stato decapitato ad inizio agosto mentre una donna è deceduta poco dopo il sequestro per cause sconosciute. Invece alcune prigioniere sarebbero riuscite a fuggire.

Adesso, come spiega Lama Fakih, vicedirettore della Hrw per il Medio Oriente, la speranza dei jihadisti è quella di riuscire ad usare gli ostaggi come salvacondotto verso zone più sicure del Paese. In particolare quella che si estende a sud di Deir Ezzor, tra Hajin e Harse. Nel frattempo le famiglie dei prigionieri e le Ong si appellano alla clemenza dei baghdadisti e pregano per il buon esito dei negoziati: se si dovesse arrivare allo scontro frontale il destino degli ostaggi sarebbe drammaticamente segnato.

“Le vite dei civili – spiega Fakih – non dovrebbero essere usate per baratti e l’Isis deve rilasciare subito tutti gli ostaggi”.

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