Tara Reade torna ad accusa Biden: "Mi molestava sessualmente"

L'ex collaboratrice del presidente Usa - al tempo senatore - racconta di essere stata molestata e di aver subito gravi minacce da parte dei dem. "Pensavo mi aiutasse il movimento Me Too, ma è con l'élite democratica"

Tara Reade torna ad accusa Biden: "Mi molestava sessualmente"

Tara Reade accusa, da anni, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden di violenza sessuale. Secondo la donna, il fattaccio sarebbe successo nel 1993, quando lei lavorava nello staff dell'allora senatore, che ha sempre smentito la ricostruzione della sua accusatrice, manco a dirlo poco ascoltata e presa in considerazione dai media liberal americani. Ora Reade è tornata ad accusare Biden ai microfoni de La Zanzara, su Radio24, come riporta anche Dagospia. "Ero parte del suo staff, ho lavorato per Joe Biden nel suo staff del Senato dal 1992 al 1993 e, quando ho lavorato lì, mi ha aggredito sessualmente" spiega Tara Reade, confermando l'accusa nei confronti del presidente Biden. "Nel 1993 - afferma -mi è stato chiesto di portargli la borsa della palestra e quando l’ho incontrato a Capitol Hill, mi ha spinto contro il muro e mi ha infilato le dita dentro, senza il mio permesso. Gli stavo porgendo la borsa della palestra, ha iniziato a baciarmi, chiedendomi di andare da qualche altra parte, ha detto che voleva scoparmi e poi ha messo le dita dentro di me. Ho cercato di allontanarmi da lui, ed ero scossa perché è stato tutto all'improvviso, non me l'aspettavo. Ed era il mio capo, aveva l'età di mio padre. E non volevo".

L'accusa shock di Tara Reade: "Biden mi molestava sessualmente"

Stando a quanto raccontato dall'ex collaboratrice dell'esponente dem, non fu un episodio isolato. La violenza era continua e costante: "Mi molestava sessualmente (“sexual harrassment”) - spiega - nel senso che mi metteva le mani sulle spalla e nei capelli, ma la violenza è avvenuta solo una volta, quando mi ha spinto contro il muro, mi ha baciato, aveva le mani dentro la mia camicia e sotto la mia gonna". Da lì la paura per aver rifiutato le avances di un uomo potente. "Quello che è accaduto dopo è stato emotivamente forte per me perché avevo tanta paura. Sapevo che, dicendogli di no, la mia carriera sarebbe finita". E così infatti è successo: "Dopo mi ha detto: e dai, pensavo ti piacessi. Poi ha agitato un dito, me lo ha puntato contro e mi ha detto: tu non sei niente per me, non sei niente".

"Mi hanno messa a tacere, tradita dai dem"

Tara Reade provò a farsi avanti per denunciare l'accaduto ma fu - a detta sua - gravemente minacciata dallo staff dell'allora senatore degli Stati Uniti, esponente di spicco del Partito democratico. "Ho provato a farmi avanti nel 1993" racconta. "Ho fatto una denuncia per molestie sessuali all’interno dello staff di Biden, ma un membro dello stesso staff mi disse: Ti distruggeremo, cazzo". E ancora: "Avevo vent’anni, mi hanno messo a tacere. Poi quando altre sette donne si sono fatte avanti nel 2019, prima che Joe Biden fosse candidato ufficialmente alla Presidenza, mi sono fatta avanti anch’io, pensando che il movimento ‘Me Too’ mi avrebbe aiutato".

Come spiega la donna, tuttavia, il movimento Me Too non sembrava affatto propenso ad aiutarla nell'accusare Joe Biden. "Stanno con i Democratici, con l’élite democratica" osserva. Reada afferma peraltro di essere sempre stata democratica e mai repubblicana, ma quando ha provato a denunciare l'aggressione sessuale che aveva subito, i dem hanno tentato di distruggerle la vita. "Ho visto questa cosa come un tradimento" spiega. Ma quali sono le prove che proverebbero le sue - gravissime - accuse? "L’ho detto all'epoca dei fatti, c'è la denuncia per molestie sessuali che ho presentato ed è abbastanza per giustificare un'indagine" sottolinea Reade. "Non so quali saranno gli esiti, ovviamente, finché non ci sarà l’indagine, ma penso che permetterebbe ad altre donne di farsi avanti. E so che oltre alle sette che si sono fatte avanti, ce ne sono altre due che hanno paura di farsi avanti".

Il doppiopesismo dei liberal

Ogni accusa analoga mossa nei confronti di Donald Trump negli anni della sua presidenza - e durante la campagna elettorale - è stata accompagnata dalla grancassa mediatica dei media liberal. Cosicché Trump è finito per essere condannato dai media e dall'opinione pubblica senza mezzi termini e bollato come "sessista", mentre è indicativo il fatto che se una donna accusa il beniamico dei dem non accade praticamente nulla.

Gli stessi media, prima iper-giustizialisti, diventano improvvisamente garantisti nei confronti di Joe Biden. Un po' come accaduto con gli scandali che riguardano il figlio del presidente, Hunter Biden. Chissà cosa sarebbe successo a parti invertite. Un doppiopesismo insopportabile.

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