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A vincere sarà Trump, lo dice Facebook

I post repubblicani dominano la top ten con milioni di condivisioni. E Trump doppia Biden

A vincere sarà Trump, lo dice Facebook

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Secondo i sondaggi sono dietro, ma i repubblicani stravincono su Facebook. Basta andare sul social network per notare che i post pro Trump dominano la top ten giornaliera infiammando il dibattito politico. Se ne è accorto l'esperto di tecnologia del New York Times Kevin Roose utilizzando CrowdTangle, lo strumento di Facebook che segnala i post più "popolari". Sistematicamente ha visto che ogni giorno sono quelli spostati a destra a provocare più reazioni, condivisioni e commenti. E per dimostrarlo ha creato un account Twitter, @FacebooksTop10, dove ogni 24 ore carica i 10 link più condivisi su Facebook. E il verdetto è sempre lo stesso: una lista di post conservatori con qualche occasionale "intruso" liberal.

I post su Facebook del commentatore repubblicano Ben Shapiro hanno totalizzato, nell'ultimo mese, 56 milioni di interazioni, più di quelle delle pagine principali di Abc News, Nbc News, New York Times, Washington Post e Npr messe assieme e quelli di Breitbart (il sito di news prima guidato da Steve Bannon) sono stati condivisi quattro milioni di volte, il triplo di quelli di tutti i senatori democratici messi assieme. Terrence K. Williams, comico conservatore e supporter di Trump, ha macinato nel mese di agosto una media di 86,500 interazioni per post. Quasi quanto The Donald che con le sue 92 mila condivisioni ne ha più del doppio rispetto allo sfidante democratico Joe Biden (39mila interazioni per post). Eppure i sondaggi sponsorizzati dai vari media statunitensi continuano a dare l'ex vice di Obama in vantaggio, anche se con un scarto sempre più ridotto. Questo, scrive Roose, perché la "silent majority", la maggioranza moderata e silenziosa che il 3 novembre potrebbe riconfermare il presidente in carica, non si informa sul New York Times o la Cnn. Per anni si è affidata alla tv via cavo e ai talk in radio dominati dalle commentatori conservatori. Ora usa i social. Non solo Facebook dove domina, ma anche YouTube e Intstagram."Guardare le preferenze delle persone - ciò che effettivamente leggono, guardano e su cosa fanno clic quando nessuno li guarda - è spesso un indicatore migliore rispetto a prendere per buono quello che dicono a chi fa i sondaggi", suggerisce Roose ai democratici che pensano di aver la vittoria in tasca. Un affondo sull'attendibilità condiviso anche dal direttore della comunicazione della campagna di Trump, Tim Murtaugh, che ha replicato: "I media dovrebbero smetterla di predire il futuro".

Certo, essere popolari su Facebook non è la stessa cosa che vincere una competizione elettorale ("i retweet non votano" come ha detto una volta a Roose un esponente dei Democratici). Avere molti commenti e condivisioni non implica che siano commenti e condivisioni positive. E il pubblico di Facebook è più "anziano" e più conservatore di quello, ad esempio, di TikTok. Ma il ruolo di questa fetta social di elettorato repubblicano, osserva il giornalista del Nyt, non va sottovalutata. Già alle elezioni del 2016 fu decisiva nel consegnare la vittoria a Trump. Quattro anni fa la rete lo aveva previsto, nonostante i sondaggi. Anche allora, dice lo stratega digitale della campagna 2016 di Trump Brad Pascale: "Facebook era il metodo, l’autostrada su cui l’auto di Trump ha viaggiato. L'autostrada Facebook, però, è ancora lì. E, per adesso, le auto più veloci hanno un adesivo con scritto Make America Great Again". Forse, conclude Roose, la maggioranza pro Trump sembra "silenziosa" solo perché non si considera Facebook.

Lì fa rumore e indirizza il dibattito politico.

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