Montezemolo, il Prodi dell'industria

In un momento di particolare difficoltà per il Paese è bene che anche gli industriali facciano sentire la loro voce. Devo dire, però, che in questo senso l’intervento di Luca Cordero di Montezemolo mi è parso particolarmente stonato, quasi la mossa di un protagonista alla soglia del viale del tramonto

Montezemolo, il Prodi dell'industria

In un momento di particolare difficoltà per il Paese è bene che anche gli industriali facciano sentire la loro voce. Devo dire, però, che in questo senso l’intervento di Luca Cordero di Montezemolo mi è parso particolarmente stonato, quasi la mossa di un protagonista alla soglia del viale del tramonto, che alza i toni per godere l’ultima volta delle luci della ribalta, magari sperando di ricomparire su altri palcoscenici, ma senza il senso del proprio ruolo, ancora più limitato dall’essere in uscita, e del dovere dunque di non lasciare troppe, ulteriori macerie a chi gli succederà. Alla fine l’uomo di viale dell’Astronomia appare quasi un Prodi dell’industria che ripete la patetica esibizione fornita nei giorni scorsi da quello della politica.

Le posizioni delle forze sociali nella discussione pubblica sono autorevoli solo se sono coerenti con i fatti: non si può dire come fa Montezemolo che oggi le cose vanno un po’ meglio che con il centrodestra, quando l’amministratore delegato della Fiat (impresa che lo stesso Montezemolo presiede) spiega che nelle condizioni di rigidità ribadite dall’ultimo contratto dei metalmeccanici, probabilmente non potrà più creare nuova occupazione in Italia. Non si può dire come fa il cucciolo dei montezemoliani, Matteo Colaninno, che in Italia il problema è «Mastella», quando è evidente come nonostante la sua onestà e buona fede, il problema sia oggi Paolo Ferrero e il condizionamento di Rifondazione comunista sul governo. Non si può chiedere un governo che faccia la riforma elettorale quando metà del centrosinistra è per una soluzione e l’altra metà per un’altra.

L’invito a rimandare significa soltanto cacciare l’Italia in un pantano. D’altra parte questo giochicchiare con i sistemi elettorali per fini politici e trasformistici è tipico dello stesso Montezemolo che è passato dal sostenere un sistema chiaramente maggioritario al proporzionale alla tedesca solo per le sue tramette politiche. Anche la nuova verve moralistica montezemoliana presenta un intollerabile punto di doppiezza: mentre è encomiabile l’impegno degli industriali siciliani a contrastare il pizzo verso i mafiosi ed è perfino comprensibile che venga posto il problema della presidenza Cuffaro. È incredibile nello stesso tempo far finta di niente sulla Calabria dove oltre metà del consiglio regionale è inquisito. E soprattutto è inaccettabile l’atteggiamento di Montezemolo sulla Campania. Infatti, il nostro mentre ricorda che i rifiuti a Napoli sono il più duro attacco all’immagine dell’Italia nel mondo, poi chiede le dimissioni di Cuffaro per i suoi cannoli e non quelle di Antonio Bassolino per i guasti combinati in quattordici anni di predominio su Napoli e Campania.

Il fatto è che Montezemolo e quelli della sua squadra, siano calabresi o campani, sono fatti così: intransigenti solo quando si discute di politici di centrodestra. Montezemolo ha inaugurato il suo mandato appoggiando Antonio Fazio contro Giulio Tremonti e contribuendo in tal modo agli errori del centrodestra sulla spesa pubblica. Ha dato il suo sostegno (suo e dei suoi amici) decisivo a far decollare la sciagura Prodi.

Ha svicolato l’11 aprile 2006 quando doveva chiedere con forza un governo di unità nazionale perché non c’era una maggioranza. Ora farebbe bene se non a stare zitto, almeno ad affrontare i problemi con un minimo di umiltà.

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