L’avvincente testa a testa fra Manuela Arcuri e Emma Marcegaglia per conquistarsi la palma di eroina della sinistra italiana e leonessa dell’opposizione è stato vintonettamente, all’ultimogiro,dalla presidente di Confindustria. L’ultimatum al governo e l’appello nientepopodimenoché a «salvare l’Italia» ha retrocesso in secondo piano l’eroica resistenza della Arcuri alle subdole lusinghe sanremesi del premier. La Marcegaglia è soltanto l’ultima meteora nell’affollato firmamento dei repentini innamoramenti politici della nostra povera, amata sinistra. Un tempo era tutto molto più semplice: ai cortei scandivamo convinti «Gramsci-Togliatti- Longo-Berlinguer», la linea genealogica era chiara a tutti e l’ultimo della lista - il segretario in carica - era il leader. Punto. Il Pci aveva intorno a sé i «compagni di strada», gli indipendenti, gli intellettuali e i «tecnici»: ma a nessuno sarebbe venuto in mente di affidare loro la guida del partito, della coalizione o tantomeno del governo. Poi è arrivato Berlusconi, e il mondo è cambiato per sempre. Nella ricerca sempre più compulsiva del leader giusto da contrapporgli, la sinistra, diciamo la verità, ha perso la testa. Il leader non è più il capo, ma il testimonial della coalizione. E dunque l’importante è che piaccia alla gente che piace, che ne soddisfi l’innato complesso di superiorità, e che li riconfermi nella radicata convinzione di incarnare il meglio del Paese. È la teoria del «Papa straniero», che tanto affascina Repubblica . Nel pantheon meteorico dei leader da contrapporre al Cavaliere, un altare speciale è dedicato ai banchieri, agli economisti e agli industriali. Forse nel tentativo di farsi perdonare il peccato originale di aver difeso un tempo i diritti dei poveri, la sinistra italiana mostra da anni una spiccata predilezione per i ricchi.L’ultimo caso riguarda Alessandro Profumo, che dopo aver lasciato il comando di Unicredit con unabuonuscita di 40 milioni di euro si dichiara oggi «pronto» per la politica, tra gli applausi dei democratici che immaginano così di fare il pieno dei voti nei quartieri popolari oggi presidiati dal Pdl e, al Nord, dalla Lega. Ma tant’è. L’elenco dei ricchi è lungo: c’è l’ex commissario europeo Mario Monti, che da almeno una quindicina d’anni,a intervalli più o meno regolari, viene candidato alla guida di un governo tecnico che salvi l’economia. C’è Luca di Montezemolo che, a quanto apprendiamo dai giornali, sogna da decenni di essere chiamato (anche lui) a salvare l’Italia, e che da anni annuncia che presto deciderà se scendere o meno in politica. Mario Draghi è uscito dalla lista dei candidati alla successione al Cavaliere soltanto perché ha avuto la fortuna di diventare governatore della Banca europea ( va notato a questo proposito che, fra i ricchi amati dalla sinistra, il sottoinsieme dei banchieri centrali è particolarmente affollato: basterà ricordare Ciampi e, prima di lui, Lamberto Dini). Con Dini entriamo in un nuovo territorio, non meno fertile di nuovi profeti e nuovi leader. È il territorio del centrodestra, e chiunque l’abbandoni, o ne mostri almeno l’intenzione, riceve automaticamente le stellette di generale (chi invece compie il percorso inverso, dall’opposizione alla maggioranza, è un traditore e un venduto). Gianfranco Fini, nonostante sia stato fascista fino al 1994 e berlusconiano fino al 2010, è diventato dalla sera alla mattina il «compagno Fini», fra gli applausi calorosi di Rosy Bindi, che lo vuole nella coalizione. Dopo Fini è stata la volta di Giulio Tremonti, dileggiato per anni e poi, quando i suoi dissensi con il presidente del Consiglio sono diventati pubblici, incensato da Repubblica con un’intervista- monumento in cui si discettava addirittura di nuovi blocchi sociali, di governo mondiale, di grandi riforme: insomma, un programma di governo. Poco dopo la supercrisi ha travolto queste e altre chiacchiere, ma c’è voluto il caso Milanese per convincere la sinistra che forse Tremonti non è proprio la persona più adatta a rappresentarla. Fuori Tremonti, dentro Beppe Pisanu: l’intervista al Corriere in cui chiedeva le dimissioni di Berlusconi ne ha fatto all’istante un eroe della resistenza. Per mantenersi in quota, ora Pisanu alza il tiro e si ritrovaaddiritturadipietrino: «Patto di fine legislatura o ci sarà la collera del popolo », tuona dalle colonne del Messaggero . Il popolo, per ora, non ha commentato. Un ultimo breve capitolo va riservato ai nani e alle ballerine ( senza offesa per nessuno), cioè a quelle meteore che vengono dal mondo dello spettacolo e che, in virtù di una certa popolarità sul piccolo schermo o in libreria, dovrebbero anche conquistare i voti degli italiani.
Fra i casi storici va ricordato senz’altro Pippo Baudo, che qualche stratega illuminato considerò, negli anni Novanta,un’alternativa ideale a Berlusconi; poi fu la volta di Nanni Moretti girotondino; ora è la volta di Michele Santoro e di Roberto Saviano. Morto un papa (straniero), se ne fa un altro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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