Politica

Moody’s fa politica e tifa Prodi, l’Fmi fa i conti e promuove il governo

La società di analisi: riforme più facili con il Professore

Emanuela Fontana

da Roma

Moody’s vota Unione? Sembra una relazione più politica che tecnica quella della società di rating sull’affidabilità finanziaria dell’Italia. In un documento presentato a Milano, Moody’s attesta una crescita nel 2006 del prodotto interno lordo dell’1,5% e prevede il 4% di deficit e il 108,3% di debito, confermando il livello di valutazione del rating (AA2) secondo i parametri della solidità finanziaria. Poi la riflessione contestualizzata: le riforme, scrive nel documento la società, saranno più probabili secondo gli «osservatori internazionali» con Romano Prodi. La motivazione? La sua esperienza internazionale. Si chiarisce che per governare bene è necessaria una coalizione omogenea, e l’attuale maggioranza è formata da numerosi partiti. Non viene spiegato quale omogeneità invece caratterizza la coalizione di centrosinistra: le riforme per l’Italia sono necessarie «per incrementare la competitività e raggiungere un consolidamento fiscale».
A confermare sostanzialmente i dati sul rapporto deficit/pil (a 3,9%) è invece il Fondo monetario internazionale che, pur avvertendo del «costante peggioramento della competitività esterna dell’Italia» nella relazione che verrà presentata lunedì ha deciso di promuovere la Finanziaria 2006 perché prevede «aggiustamenti principalmente basati sul contenimento della spesa piuttosto che su aumenti delle tasse o significative misure una tantum». C’è una «leggera ripresa», dice il Fondo monetario, anche se le prospettive a medio termine sono «problematiche».
Più “politico” il giudizio di Moody’s, invece, secondo cui la capacità di creare riforme è direttamente proporzionale «all’ampiezza della vittoria elettorale» di una delle due coalizioni. Poi l’affondo: «Gli osservatori sono generalmente d’accordo sul fatto che i cambiamenti siano più probabili sotto un governo di centrosinistra a causa dell’esperienza di Romano Prodi presso la Commissione europea e come primo ministro quando l’Italia si stava preparando ad entrare nella Zona euro».
La possibilità di approvare le riforme, si argomenta quindi, «dipende dalla composizione della coalizione di governo che non deve essere troppo disomogenea». Ma secondo l’agenzia di rating il fatto che l’attuale maggioranza abbia governato per cinque anni non è una garanzia di omogeneità: «Guardando alla storia politica dell’Italia - ha spiegato Sara Bertin-Levecq nella relazione - si può vedere che in passato i governi cambiavano ogni anno». A eccezione dell’esecutivo attuale: «Solo dalle ultime elezioni c’è stata una maggioranza in grado di reggere per un mandato intero, ma questa stessa maggioranza è formata da una coalizione di partiti».
Moody’s non modifica comunque il giudizio sul Paese. L’Italia potrebbe indietreggiare nel rating qualora i tassi di interesse a livello mondiale dovessero crescere e se dovesse incrementare il deficit fiscale per una «decentralizzazione» o una «assenza di controllo fiscale». Le scalate Bnl e Antonveneta non hanno influito sul sistema bancario italiano: «È solido e non vi è alcuna crisi».
Dall’opposizione un coro di applausi, non per il rating mantenuto, ma per il passaggio su Prodi. Fassino torna all’attacco di Berlusconi: «Le affermazioni di Moody’s sono la migliore smentita della propaganda di Berlusconi. Moody’s dice queste cose perché sa che noi abbiamo risanato l’economia quando abbiamo governato». La risposta a Moody’s da parte del governo arriva invece dal sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi: «Davvero curiosa la tesi della signora Sara Bertin a nome di Moody's.

Il centrosinistra varerà controriforme e non riforme».

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