Moratti contro Ferrante su Islam e immigrati

Il ministro: «Se lei parlasse di più con la gente...»

Moratti contro Ferrante su Islam e immigrati

Sabrina Cottone

Aquila o uno? «Uno» dice Letizia Moratti e imbrocca la prima monetina, l’euro tedesco lanciato in aria che decide chi parla per primo. È il confronto all’americana condotto da David Parenzo su Telelombardia, il primo faccia a faccia tra i candidati sindaco. Milano ha sorpassato Roma nel confronto tv, Letizia Moratti e Bruno Ferrante si fronteggiano mentre Romano Prodi continua a sfuggire Silvio Berlusconi. «Grazie allo spirito pragmatico di Milano» dice la signora della Cdl. «Modello milanese» concorda l’ex prefetto. Pragmatismo al di là della politica. «L’uomo di centrosinistra che vorrei in giunta? Lo teniamo per la prossima puntata» sorride Moratti. «Mai avuto tessere di partito» dice Ferrante. Ancora Moratti: «Desidero avere in squadra persone di grande competenza, non ho mai chiesto a nessun collaboratore se è di destra o di sinistra. Non ho tessere di partito». Alla fine del programma rivela: «Ho manifestato da studentessa contro la dittatura nel Cile».
Sembra un minuetto, ma non dura a lungo. Il confronto comincia a inasprirsi quando si discute su Milano. È grigia? Moratti non è d’accordo: «Per me è bella, certo deve puntare a un rilancio. Anche Milano, come Torino e Roma, deve puntare a grandi eventi come le Olimpiadi e l’Expo. La città sarà la sede dell’Agenzia dell’Innovazione, l’ho ottenuto da Scajola». Ferrante cede al pessimismo: «Milano non ha una piscina olimpica, non si è investito e questo nonostante non ci siano mai stati tanti ministri milanesi, compreso il premier, al governo». Moratti ribalta l’argomento: «I ministri milanesi rispondono al Paese, non alla città».
Poi il conduttore, alla Nanni Moretti, chiede una cosa di destra e una di sinistra ai candidati. Si scatena lo scontro. Moratti dice la sua: «Il problema dell’immigrazione irregolare è molto sentito, non è concepibile tollerare forme di illegalità». Ferrante si butta dall’altro lato: «La legge Bossi Fini è sbagliata». A questo punto il fair play è un ricordo. La signora contrattacca: «Nella sicurezza c’è una responsabilità di Ferrante. Lei da prefetto avrebbe potuto risolvere certi problemi. Quando io ho chiesto alcune cose, anche senza avere gli strumenti, le ho ottenute». Moratti sfoggia i dati del Viminale. L’avversario replica: «Dubito dei dati sulle espulsioni forniti dal ministro dell’Interno, Beppe Pisanu». Moratti sgrana gli occhi: «Vuol dire che da prefetto diffondeva dati non corretti?». Il battibecco si sposta sul metodo. «Se lei parlasse di più con la gente...» sospira Moratti. «Ci parlo da più tempo di lei» replica lui.
Ferrante non esclude una nuova moschea a Milano, «se rispetta le regole». Moratti è d’accordo sulla moschea, sostiene «il dialogo tra culture e religioni diverse», ma dissente sulla scuola di via Quaranta: «Non accettavo che da prefetto convocasse il responsabile di una scuola illegittima e illegale». Lui sembra cadere dalle nuvole: «Io ho convocato le famiglie, la responsabilità era sua». Moratti lo accusa di non aver mosso un dito: «Lei ha risolto la questione quando sono intervenuta io! E da ministro io ho competenza solo sulle scuole pubbliche».
Il ministro mette in cima all’agenda «una sempre migliore qualità della vita, occupazione e solidarietà», promette eventi culturali gratis per giovani e anziani. Ferrante insiste su «trasporti e mobilità». Dissentono sull’Ici. Moratti: «Non la toccheremo». Ferrante: «Sono contrario all’Ici uguale per tutti».

Ferrante critica Gabriele Albertini: «La politica ha disconosciuto il ruolo del consiglio comunale, trattato come qualcosa che non aveva dignità democratica». Moratti: «Io non c’ero. Ma penso che sia necessario andare oltre le istituzioni, rafforzare i rapporti con i consigli di zona e raggiungere i cittadini». Ripete: «Non faccio parte di questa amministrazione».

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