Morte in diretta: così la vita è solo reality

La madre della quindicenne apprende la notizia mentre è a "Chi l’ha visto?". Tra scoop e imbarazzo la Sciarelli cerca di prendere tempo, poi l’ufficialità del dramma: va in onda l’ultima frontiera della tv a dolori

Morte in diretta: così la vita è solo reality

La linea di confine si è spinta lontanissimo. E ora sarà difficile oltrepassarla. Francamente non si riesce a immaginare qualcosa di più estremo come apprendere in diretta televisiva della morte per omicidio della propria figlia. È accaduto durante il programma Chi l’ha visto? condotto su Raitre da Federica Sciarelli. Ma non si tratta di farne la questione di una rete piuttosto che di un’altra, di questa o di quell’altra conduttrice. Avrebbe potuto succedere anche altrove, in una tv locale, in un programma diverso, via web. Ciò che è successo è l’ultima frontiera di una cultura che, come in un gigantesco e inconsapevole Truman show, ha da tempo assegnato ai media il diritto e il dovere di scandagliare tutto. Di entrare ovunque. Di monitorare le nostre esistenze finanche al momento in cui si spengono. E persino dopo, quando la morte viene decretata, notificata, diramata alle persone care, agli amici. Alla madre.

L’altra sera Concetta Serrano era in collegamento con il programma di Federica Sciarelli dalla casa della sorella Cosima e del cognato Michele. La figlia Sarah era scomparsa il 26 agosto scorso e, al momento dell’inizio della trasmissione, l’interrogatorio dello zio era in corso già da nove ore. In quel tinello c’erano anche l’avvocato e due amici della ragazza. Il volto segnato da quarantun giorni di sofferenza e trepidazione, Concetta assisteva al susseguirsi d’informazioni che ha portato alla notizia finale. La telefonata di un giornalista della carta stampata, le agenzie, i siti dei giornali locali, altre indiscrezioni che filtravano dalla Procura di Taranto, persino il rumore di un elicottero che passava sopra la casa. Tutto in un susseguirsi abissale di emozioni e speranze di cui la mamma non lasciava intravedere nulla. Pietrificata dal terrore. Straziata, nel tinello di quella casa. Che, mentre l’interrogatorio si trasformava nella confessione di colpevolezza dello zio, diventava ogni momento di più il tinello dell’assassino di sua figlia. Un’escalation del dolore, che ha contagiato i telespettatori, assiepatisi anche in cinque milioni davanti alla cronaca minuto per minuto della terrificante scoperta nel pozzo di Avetrana.

Ad un certo punto, Federica Sciarelli ha interrotto il collegamento e invitato l’avvocato della signora a portarla via: «Abbiamo detto a Concetta di andare a casa. Perché era veramente assurdo che continuasse ad avere le notizie in diretta televisiva». Un velo di pudore si è steso, forse un po’ tardi, sulla tragedia, mentre la cronaca incalzava e gli eventi, incontrollabili, precipitavano.
Il giorno dopo è ancor più difficile fermare la società dello spettacolo. La corsa dei media, l’invadenza della televisione, la vita in tempo reale, la connessione 24 ore su 24, la morte in diretta. Esattamente trent’anni fa, un film di Bertrand Tavernier s’intitolava proprio La vita in diretta e narrava gli ultimi sei mesi di una scrittrice malata di cancro che accettava di farsi seguire da una telecamera fino alla morte. Era la spettacolarizzazione del dolore e del decadimento. Soprattutto era un tragico avvertimento: tutto, proprio tutto, sarebbe diventato cibo per fare show. Tutto, proprio tutto, sarebbe diventato televisivo. Nulla più accade davvero lontano dalle telecamere. Un anno dopo, quelle della Rai ripresero la tragedia di Alfredino Rampi nel pozzo di Vermicino. L’Italia intera si fermò a trepidare. Accorse anche un Capo dello Stato.

Adesso, mentre ancora infuriano le polemiche sul «reality del dolore» su cui tutte le televisioni si sono buttate è ancora più difficile fermarsi. Il cinismo imperversa. Il diritto di cronaca non si ferma. Risposte e ricette sicure non ce ne sono. La realtà è più complessa dei codici etici. E la televisione legittima la realtà, in un certo senso la fa essere. Sono le persone, professionisti della comunicazione o protagonisti delle storie, a dover scegliere quando fermarsi.

Ma ieri, vedendo che il fratello di Sarah era ospite di un programma intitolato, paradossalmente, La vita in diretta, e che la cugina e figlia dell’omicida reo confesso era intervistata dal Tg5, è stato immediato pensare che l’avvertimento del film di Tavernier era davvero profetico.

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