Morto Biagio Agnes Traghettò la Rai nella Tv moderna

«Un punto di riferimento della cultura italiana» (Silvio Berlusconi). «Ha speso le sue energie migliori in difesa della Rai» (Sergio Zavoli). «Un garante della qualità del servizio pubblico» (Giorgio Napolitano). «Un avversario agguerrito ma leale» (Fedele Confalonieri). «Il più geniale e coraggioso tra i direttori generali della Rai» (Adriano Celentano).
È morto l’altra notte a 82 anni nella sua casa romana Biagio Agnes, storico direttore generale degli anni Ottanta. La Rai migliore, ricordano ora in tanti nelle dichiarazioni di cordoglio. «Ci diede filo da torcere», concede anche il presidente Mediaset Confalonieri. Quando nel gennaio del ’90 diede le dimissioni perché al vertice della Dc Arnaldo Forlani aveva scalzato Ciriaco De Mita, avellinese come lui, compagno di partite a carte e di cordate giornalistiche, a Milano 2 tirarono un sospiro di sollievo. Primo antagonista del Cavaliere, aveva promesso che chillo ha da murì. E lì, nei corridoi ovattati di Viale Mazzini, la minaccia non aveva bisogno di decodifiche, vista la guerra in atto con le televisioni del cavalier Berlusconi, combattuta a colpi di star sedotte con fior di contratti miliardari. Prima Mike Bongiorno, tra i fondatori di Canale 5. Qualche anno dopo il triplete Baudo, Bonaccorti, Carrà.
Con i suoi modi spicci, «Frutta e verdura» era riuscito a metterlo alla porta Berlusconi, una volta che, altri tempi, Berlusconi si era presentato nel suo ufficio per una mediazione dopo un’accesa polemica sull’audience. Ma alla fine, pur potente e autonomo in tante scelte, anche lui, Biagione, aveva dovuto piegarsi alla logica che, protetto dal potentissimo Ciriaco, lo aveva proiettato sulla poltrona più prestigiosa della televisione italiana. Tuttavia, ora che scenari e assetti si sono complicati e si cercano figure di dirigenti editoriali autorevoli, converrebbe ricordare la sua lezione e studiare la sua biografia.
In Rai, Biagio Agnes ci arrivò nel 1958, marchiato come uno dei «ragazzi di Sullo» (Fiorentino), leader della Dc meridionale tra i più controversi. Gli altri «ragazzi» erano appunto De Mita, Gerardo Bianco, Nicola Mancino e l’ex ministro per il Mezzogiorno Salverino De Vito. La palestra formativa, i fogli locali: Il Corriere dell’Irpinia, Il Giornale di Napoli, Cronache irpine. Carattere brusco, figlio di un capotreno delle Ferrovie dello Stato, la scalata di «Culo di pietra», un altro dei suoi nomignoli, inizia dalla sede di Cagliari e passa per i giornali radio, il Tgr, antenato del Tg3. Nel 1982 Biagione è il primo direttore generale eletto con i voti dei consiglieri comunisti. Il Paese attraversa una fase di grande cambiamento, Bettino Craxi è al centro della scena politica e da Milano l’offensiva delle tv commerciali ha scardinato il monopolio Rai. Per reggere l’urto della nuova concorrenza serve un capo che non badi troppo a sottigliezze. E lui è l’uomo giusto: decisionista, concreto, lavoratore, attento a dosare i rapporti con la politica. A pranzo in un ristorante romano con Enrico Manca, presidente socialista dell’azienda, e Walter Veltroni, plenipotenziario del Pci per l’informazione, nasce la «lottizzazione scientifica». «Ma non era una cosa volgare: prendimi questo o sistemami quest’amichetta», ha ricordato in una delle ultime interviste. «Noi dicevamo: dobbiamo nominare un direttore del Tg1? Bene, dateci una rosa di cinque giornalisti di vostra fiducia, che poi a scegliere il più bravo ci pensiamo noi». Fatto sta che dopo quel pranzo, la terza rete che Agnes aveva contribuito a fondare divenne a tutti gli effetti il canale dei comunisti, firmato da Angelo Guglielmi.
La difesa del servizio pubblico contro il Biscione rampante però è a tutto campo. Sotto la monarchia Agnes viene avviato il progetto di Saxa Rubra e nasce Televideo. Persi Pippo Baudo e Raffaella Carrà, la Rai arruola Celentano, Renzo Arbore, Beppe Grillo, il Trio Marchesini-Lopez-Solenghi. E il séguito del pubblico rafforza la posizione di Biagione, anche a costo di furenti polemiche. Come quella dei socialisti per gli attacchi di Grillo. O l’incidente diplomatico con l’Iran provocato da una parodia di Khomeini del Trio. Con Agnes Enzo Biagi conquista gli spazi più ambiti dell’informazione pubblica. E la Rai vive una delle sue epoche di massimo sviluppo e creatività, ripensando alla quale ancora oggi gli osservatori dicono che la concorrenza con la tv commerciale l’ha migliorata.

Ma quando lui se ne va all’inizio del ’90 accettando la pensione dorata alla Stet, fa capolino la «pax televisiva». La concorrenza si smorza, Rai e Mediaset smussano le differenze e, nel ’97, Biagione diventa presidente di Telemontecarlo. Poi fonda due prestigiosi premi di giornalismo, la passione della prima ora.

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