È morto Lamanna, «cuore rossoblù»

È morto Lamanna, «cuore rossoblù»

Conservava gelosamente un sogno nel cassetto, da tifoso rossoblù fedelissimo e romantico: mettersi alla testa di un gruppo di appassionati, tutti come lui «uomini della gradinata Nord» del Ferraris, per rilevare le quote azionarie del «suo» Genoa e trasformare la società in una sorta di public company, lui che di queste cose s’intendeva, eccome, per via della professione di commercialista esercitata ai massimi livelli. È rimasto un sogno, questo progetto, per Alfio Lamanna, genoano prima di tutto, come gli piaceva definirsi con sottile autoironia, morto improvvisamente ieri a 69 anni, tradito dal cuore che aveva sempre battuto incessantemente per tante cause giuste, e non solo strettamente sportive. Il mondo dell’economia e delle imprese, ad esempio: fu amministratore delegato della Sea, la società degli aeroporti di Malpensa e Linate, consigliere di amministrazione di Aeropuertos Argentina 2000 e di Premuda, liquidatore sociale di Ansaldo Industria e commissario straordinario della Filatura di Grignasco e di Ferrania (oltre a commissario liquidatore di quest’ultima). Tra le vicende di cui si è occupato come perito del tribunale, le stime dei titoli di Eridania, Comit, Ansaldo in occasione delle rispettive fusioni in Beghin-Say, Unicredit e Finmeccanica. Nel suo studio di piazza Dante sono transitate molte delle più importanti transazioni finanziarie degli ultimi decenni. Ma Lamanna aveva anche trovato il tempo (e la passione) per la cosa pubblica: esponente del Partito repubblicano di Ugo La Malfa, era stato consigliere comunale e assessore allo Sport e al Turismo. Gli «capitò» anche di salire al vertice di Palazzo Tursi, come sindaco reggente, dal 19 al 27 maggio 1993, dopo che l’allora sindaco Claudio Burlando, arrestato nell’ ambito dell’inchiesta sul sottopasso di Caricamento, fu costretto a rassegnare le dimissioni. Però, il tempo e la voglia per seguire il Genoa lo trovava sempre. Per oltre vent’anni è stato presidente del Collegio sindacale della società. Ma seguiva la squadra anche a Marassi e in trasferta.

Mai perso un derby. Ricorda ora l’amico Peo Campodonico: «La mattina dell’incontro con la Sampdoria del 1991 ci incontrammo per caso. Vincemmo. E da allora decidemmo che quella diventasse una consuetudine scaramantica».

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