Roma - E' morto questa mattina a Roma, all'età di settantitto anni, Sandro Curzi. Alle spalle, una vita dedicata al giornalismo e alla lotta politica. Resistente a tredici anni, prima tessera del Pci a quattordici. Se ne è andato un pezzo della storia della sinistra e della stampa italiana. Attualmente era consigliere
d’amministrazione della Rai, carica che ricopriva dal 2005. Dal 1987 al 1993 era stato direttore del Tg3. Dal 1998 al
2005 è stato direttore di Liberazione. La camera
ardente si trova nella sala della Protomoteca del
Campidoglio e resterà aperta al pubblico dalle ore 15.00 alle 18.00 di oggi e
domani dalle ore 10.00 alle 18.00. Lunedi mattina si svolgerà la cerimonia
civile dei funerali. Lo ha comunicato una nota della Rai.
Napolitano: "Perdo un amico" "La notizia della scomparsa di Sandro Curzi mi colpisce e
addolora". Lo dice il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Curzi,
aggiunge, "è stato uomo di schietta passione politica e di sempre viva non
comune cordialità umana. Le aspre polemiche che lo coinvolsero nel
periodo della sua massima responsabilità giornalistica non lo indussero
mai ad astiose chiusure nè ad alcuna attenuazione della sua autonomia di
giudizio e del suo senso delle istituzioni. Tanto meno ne fu scalfito il suo
profondo attaccamento al servizio televisivo pubblico com’è testimoniato
dal suo impegno negli ultimi tempi". "A Bruna Bellonzi e a tutti i familiari esprimo la mia affettuosa
partecipazione e quella di mia moglie Clio nel segno di una antica amicizia".
Schifani: "Esempio per i giovani giornalisti" "La storia personale di Sandro Curzi ha
attraversato la seconda metà del novecento italiano con coerenza,
passione politica e profondo attaccamento alla professione, lasciando ai
colleghi più giovani un esempio di giornalismo moderno e coraggioso".
Inizia così il messaggio di cordoglio che il presidente del Senato, Renato
Schifani, ha fatto pervenire alla famiglia di Sandro Curzi.
Ricordando i prestigiosi incarichi svolti da Curzi nel suo percorso politico
e professionale, il presidente del Senato sottolinea come "il grande
giornalista scomparso abbracciò la fede comunista in età giovanissima,
non la abbandonò mai, riuscendo però a farlo senza dogmatismi o rigidità.
Di lui -conclude Schifani- ricorderemo il senso dello humor e la
straordinaria autoironia, che aveva fatto conoscere la sua simpatia anche
al grande pubblico".
Curzi: "Punto riferimento giornalismo" "Ho appreso con autentico dispiacere la notizia
della scomparsa di Sandro Curzi, decano del giornalismo italiano, in ogni
sua espressione, dalla radio, alla carta stampata, alla televisione. La
passione, il rigore e l’intelligenza con la quale ha saputo interpretare, anche
con posizioni non convenzionali, i processi ed i cambiamenti della storia
nazionale ne fanno un punto di riferimento per quanti considerano la
professione giornalistica un servizio alla libertà di pensiero e alla
democrazia". È il messaggio di cordoglio del presidente della Camera
Gianfranco Fini per la morte di Sandro Curzi. "Alla moglie Bruna e alla figlia Candida - scrive Fini - rivolgo le
condoglianze mie personali e della Camera dei deputati per il grave lutto
subito".
A 19 anni lo vuole Berlinguer Chiamato a 19 anni da Enrico Berlinguer a ricostruire la Federazione giovanile comunista italiana (Fgci),
Alessandro Curzi ha vissuto tutta la sua vita fedele, pur senza rigidità, alle idee di gioventù passando con Fausto
Bertinotti a Rifondazione Comunista alla fine degli anni ’90.
Il suo impegno politico si è svolto all’interno dei mass media, dal primo articolo, quando era ancora adolescente,
sull’Unità «clandestina» per raccontare l’assassinio di uno studente da parte di fascisti repubblichini, al ruolo di
capo redattore nel mensile della Fgci "Gioventù nuova", diretto da Enrico Berlinguer, fino alla vice direzione di
Paese Sera, alla direzione del Tg3 e a quella di Liberazione.
Curzi ottenne nel 1944, nonostante la minore età, la tessera del Pci.
Giornali, politica e radio Tra il ’47 e il ’48 lavora al settimanale "Pattuglia" insieme a Giulio Pontecorvo e, nel ’49, a la "Repubblica d’ Italia" fino a diventare capo redattore di "Gioventù nuova", diretta da Enrico Berlinguer.
Inviato nel ’51 nel Polesine per raccontare le conseguenze dell’alluvione, vi rimane come segretario della Fgci.
Nel ’56 fonda "Nuova generazione" e nel ’59 passa all’Unità, organo del Pci per il quale l’anno successivo viene
inviato in Algeria per seguire la fasi dell’indipendenza. Lì intervista il capo del Fronte di Liberazione Ben Bellah.
Dopo essere stato direttore dell’Unità, nel 1964 diventa responsabile stampa e propaganda della direzione del
Pci. Negli anni ’60 collabora fra l’altro alla crescita della radio "Oggi in Italia" che trasmetteva da Praga ed era
seguita in molte parti d’Europa da emigranti italiani.
Il sessantotto La stagione più calda, quella del ’68 e poi dell’autunno del ’69, della strage di Piazza Fontana e dei fatti che
seguirono nei primi anni ’70, Curzi la seguì da vice direttore di ’Paese Serà.
Dalla metà degli anni ’70 arriva l’impegno con la televisione: entra infatti in Rai nel 1975 con un bando di
concorso indetto per l’assunzione di giornalisti di ’chiara famà disposti a lavorare come redattori ordinari e
comincia dal Gr1 diretto da Sergio Zavoli.
Scopre Santoro e crea "Telekabul" Nel ’76, con Biagio Agnes e Alberto La Volpe, dà vita alla terza rete televisiva della Rai mentre nel 1978 è
condirettore del Tg3 diretto da Biagio Agnes. In questa veste "scopre" Michele Santoro e collabora alla
realizzazione del programma "Samarcanda".
Diventa direttore del Tg3 nel 1987 dando a quel telegiornale una impronta inconfondibile, veloce e aggressiva
che dà voce alle istanze della sinistra italiana interpretando gli umori di una crescente insofferenza verso la
cosiddetta prima Repubblica.
Soprannominato per questo, dagli avversari politici, "Telekabul" (dalla capitale dell’Afghanistan occupata dall’Urss
negli anni ’70), il Tg3 cresce in spettatori (da poco più di 300 mila ai 3 milioni del ’91) e autorevolezza. Nel ’92
pubblica con Corradino Mineo il libro "Giù le mani dalla Tv" (Sperling e Kupfer) e nel ’93, in contrasto con il nuovo
consiglio d’amministrazione della cosiddetta Rai dei professori (direttore generale Gianni Locatelli e presidente
Claudio Demattè), si dimette.
Da Tele Montecarlo a Rifondazione Passa prima a dirigere il Tg dell’allora Tele Montecarlo e poi, dal 1998 al 2005, dirige Liberazione. Dal 2005,
eletto con i voti di Rifondazione, dei Verdi e della sinistra del Pds, era consigliere d’amministrazione della Rai di
cui per tre mesi è stato anche presidente in qualità di consigliere anziano, prima di lasciare il posto a Claudio
Petruccioli.
Comunista e antifascista convinto, politico abile, Curzi si è spesso distinto per posizioni non banali e non sempre
in linea con i diktat di partito: basti pensare alle aperture, allora non scontate, del suo Tg3 alle posizioni di Papa
Giovanni Paolo II o, più di recente in Rai, all’astensione sulla proposta di licenziamento del direttore di Rai fiction,
Agostino Saccà.
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