«Mostre, giurie, fondi È l’autunno caldo del cinema italiano»

L’autunno caldo del cinema italiano è iniziato ben prima del 21 settembre. È stata soprattutto la Mostra di Venezia a innescare una serie di polemiche, a cominciare dal verdetto che ha ignorato i film italiani all’intenzione, ribadita anche ieri dal ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, di «mettere becco» nella composizione della giuria veneziana. Intanto, nelle sale sono arrivati i film della nuova stagione. Il Giornale ha scelto di parlare di questi temi con Giampaolo Letta, amministratore delegato e vicepresidente di Medusa Film, la casa di produzione cinematografica più importante d’Italia. «Sì, è un autunno caldo per il nostro cinema», acconsente Letta, «però per gli incassi dei nostri film è iniziato abbastanza bene. Inoltre, da qui a Natale ci saranno altre uscite, non solo di Medusa, che inducono a un certo ottimismo».
Ancor prima, Medusa ha iniziato vincendo il Leone d’oro con Somewhere di Sofia Coppola...
«È il primo Leone d’oro vinto da Medusa. Un risultato che ha favorito il discreto andamento commerciale di un film d’autore, quindi non di facile presa sul grande pubblico».
Da La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo vi aspettavate un risultato commerciale migliore?
«Escluso dai premi di Venezia, il film di Costanzo sta avendo quello del pubblico, che è il premio che ci interessa di più».
Per una major come Medusa è così importante la partecipazione ai festival?
«I festival catalizzano l’attenzione dei media. Lì le pellicole minori possono essere viste e apprezzate dalla critica. Per i film con i cast più scintillanti la partecipazione al concorso è rischiosa ed eccitante al tempo stesso. Ci si può imbattere in reazioni impreviste. La critica spesso deve lavorare in condizioni non ottimali e fornire il proprio giudizio in tempi stretti, mentre magari servirebbe una riflessione più approfondita. Infine, nel clima da stadio che condiziona certe proiezioni può bastare che si levi qualche fischio isolato perché l’indomani i giornali enfatizzino quell’unica espressione di dissenso».
Avete fatto uscire i vostri film quasi in contemporanea con la proiezione veneziana e a Roma portate Last night che sarà il film d’apertura...
«Abbiamo sempre fatto questa scelta. L’anno scorso Baarìa uscì due settimane dopo il passaggio veneziano. Quest’anno abbiamo pensato che Somewhere e La solitudine dei numeri primi potessero avere un lancio positivo a prescindere dai premi. Poi è arrivato anche il Leone d’oro...».
Cosa dice delle polemiche seguite al verdetto veneziano?
«Mi fa sorridere che subito dopo l’assegnazione dei premi gli stessi che consideravano Tarantino un cineasta e un grande presidente di giuria abbiano preso a criticarlo aspramente. Ritengo anche offensivo per gli altri giurati aver insinuato che si siano fatti plagiare da lui per premiare la sua ex fidanzata. Com’è noto è stato un verdetto all’unanimità».
I film italiani sono stati sottovalutati? È giusto che i nostri registi si siano risentiti?
«Se si decide di partecipare ai festival bisogna accettare i verdetti. L’anno scorso noi iscrivemmo Baarìa al concorso, sperando ovviamente in un premio. Non arrivò e ce ne facemmo una ragione. Pretendere che i film del paese ospitante il festival abbia un trattamento di riguardo è un po’ infantile. Ai festival ci sono le giurie. Sarebbe un errore pensare che i loro verdetti siano la parola definitiva sulla vita e il successo di un film. E dunque è sbagliato ritenere che l’assenza di premi equivalga a un cinema che non emoziona e non varca i confini nazionali. Con Gabriele Muccino e Paolo Sorrentino noi stiamo guardando con crescente soddisfazione alle coproduzioni con le industrie straniere».
A proposito di giurie, cosa dice dell’idea del ministro Bondi di «mettere becco» in quella della Mostra di Venezia?
«Credo sia sbagliato. Secondo me il ministro ha detto coraggiosamente cose che pensano in tanti. Ma la parte che riguarda l’influenza sulle giurie non la condivido. Per esempio, partecipando al Festival di Cannes noi italiani potremmo sentirci poco tutelati se la giuria fosse nominata dal ministero francese. Al direttore artistico delle manifestazioni viene assegnato un mandato di fiducia per la scelta del cartellone, dei contenuti e della giuria. Di conseguenza bisogna lasciargli la necessaria autonomia editoriale alla persona scelta».
Mentre in Francia Godard capeggia il fronte per il download libero, Blockbuster ha avviato la procedura per la bancarotta assistita...
«Per frenare la crisi dell’homevideo è indispensabile una legislazione molto rigida contro la pirateria che, da una ricerca Ipsos, nel 2009 ha provocato una perdita di fatturato potenziale di 500 milioni di euro. L’industria dell’audiovisivo va tutelata. In Francia, dopo tre avvertimenti a chi scarica illegalmente, scatta la disconnessione da internet. Sanzioni ancor più drastiche sono comminate a chi introduce illegalmente materiali video. D’altro canto si deve favorire la possibilità di accedere al mercato audiovisivo via web a pagamento».
«This must be the place», il prossimo film di Sorrentino protagonista Sean Penn, è una coproduzione internazionale con budget di 28 milioni di dollari, 70 per cento dei quali proveniente da denaro italiano con una quota di Banca Intesa. Questa formula può essere vincente per il futuro?
«Assolutamente sì. Noi l’abbiamo abbracciata per una produzione impegnativa come questa, ma nulla esclude che si adotti anche per progetti più contenuti.

Il coinvolgimento di soggetti terzi, interessati a investire nel mondo del cinema attraverso lo strumento del tax shelter, è la strada giusta per introdurre risorse fresche nel mercato e allontanarsi dalle logiche assistenzialiste e dei finanziamenti statali. L’auspicio, piuttosto, è che il provvedimento venga al più presto rinnovato».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica