Moto e componentistica si fanno conoscere in Cina

Valentina Giuli

L’industria italiana delle due ruote si fa conoscere in Cina. Si è infatti appena conclusa la spedizione italiana capeggiata da Guidalberto Guidi, presidente dell’Ancma, a China Cycle, la più grande manifestazione fieristica del settore che si svolge da 16 anni a Shanghai. L’Italia è stata presente come espositore - con uno stand collettivo realizzato dall’Ice (Istituto italiano commercio estero)- e come partner organizzatore di Intermotor China, la fiera dedicata alle 2 ruote a motore che ha debuttato quest’anno all'interno di China Cycle. In questa seconda veste l'Italia ha partecipato con l’Ancma (Associazione nazionale ciclo moto e accessori), che ha messo in campo le competenze dell’Eicma (Esposizione internazionale del ciclo e motociclo di Milano).
Intermotor, inoltre, ha debuttato anche come espositore con i marchi più famosi della componentistica italiana. Il mercato italiano del settore occupa una delle prime posizioni a livello mondiale, subito dietro il Giappone. In Europa ricopre addirittura un ruolo di leadership. Ottimo è il rapporto qualità-prezzo, al contrario i prodotti di bassa qualità sono appannaggio del Far East (Cina, India, Thailandia e Taiwan) perché i costi dell’industria italiana non sono competitivi in questo target di riferimento. L’Italia, pur avendo alle spalle una tradizione storica delle due ruote, fa fatica a farsi conoscere all’estero, specialmente nei mercati emergenti, quelli che, più di altri, rappresentano una grande opportunità di crescita. Spiega Claudio De Viti, responsabile settore moto di Ancma: «Pur essendo molto apprezzati all’estero per competenze e tecnologie utilizzate, siamo ancora poco presenti perché abbiamo difficoltà a individuare partner locali affidabili per aiutare le nostre Pmi ad affrontare tutte le problematiche di un insediamento Oltreconfine, soprattutto nel Far East. Sarebbe opportuno riuscire ad aggregare gruppi di aziende in modo da suddividere i costi e centralizzare i servizi necessari.
In alternativa i fornitori italiani dei nostri costruttori potrebbero seguire i propri clienti sfruttando le sinergie di un investimento realizzato all’estero di comune accordo». L’Ancma sta infatti elaborando un progetto per instaurare un dialogo tra costruttori e fornitori. L’Ice, in particolare è molto attivo nell’aiutare le aziende che desiderano partecipare a fiere e attività di comunicazione e promozione e che vogliano trovare partner locali per penetrare nuovi mercati. In questi ultimi anni sono nate anche organizzazioni private specializzate nello scouting dei collaboratori esteri più adatti. Quali sono quindi le proposte per cambiare la situazione e favorire la crescita del business delle due ruote anche all’estero?
«La fase più difficile e impegnativa è senz’altro quella progettuale - conclude De Viti -; occorre costituire gruppi di imprese con l’obiettivo comune di sviluppare produzioni all’estero suddividendo i costi di implementazione; mettere a disposizione un supporto bancario adeguato che oggi si rivela carente da parte delle banche italiane; consentire l’utilizzo di servizi in comune, come la logistica, la distribuzione, gli acquisti, ma anche i “manager in affitto”. Solo facendo squadra sotto la bandiera del Made in Italy si possono sfruttare le enormi potenzialità che i nuovi mercati offrono.

Sempre nel rispetto della concorrenza e dell’individualità dei marchi».

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