Muddy Waters, un’altra lezione dal papà del rock

Finalmente un po’ di buona musica anche per gli appassionati di blues, da tempo dimenticati dal mercato. Esce un disco storico, Muddy Waters Live at The Fillmore Auditorium, 1966, cronaca di un concerto del più carismatico cantante-chitarrista sulla direttrice dal Mississippi a Chicago.
Muddy Waters ha insegnato i segreti della chitarra a tutti - da Jimi Hendrix a Eric Clapton -, è passato dalla concisa eloquenza folclorica al suono elettrico che ha anticipato il rock, ha rinnovato il mondo della musica (non solo nera) dal dopoguerra ad oggi. Nella sua sterminata produzione questo album recupera uno show al celebre Fillmore Auditorium di San Francisco, tempio del nascente movimento hippie. Il 1966-’67 è stato un periodo strano nella carriera di Waters, appesantito da uno strano disco piuttosto commerciale e condito di fiati (Muddy, Brass & the Blues) e attento alle nuove tendenze rockeggianti che pur aveva anticipato nei primi anni del dopoguerra. Waters sul palco dimostra di essere straordinario come sempre; per il pubblico bianco non era ancora un maestro, ma il linguaggio della sua chitarra, a cavallo tra l’energia urbana e la stilizzazione del downhome blues rurale, rimane senza tempo oggi come allora. Non ci sono più giganti come Little Walter e Junior Wells all’armonica, ma c’è comunque un grande George «Harmonica» Smith e poi Luther «Georgia Boy» Johnson e Sammy Lawhorn alle chitarre, Francis Clay alla batteria, Mac Arnold al basso. Un’altra peculiarità del lavoro, che lo rende più grintoso e asciutto del solito, è l’assenza del pianoforte, di solito preziosamente suonato da Otis Spann o Pinetop Perkins (ultraottantenne, uno dei pochi sopravvissuti a quella entusiasmante stagione).


I brani sono i classici che tutti i bluesofili amano, dalle celeberrime e sciamaniche Hoochie Coochie Man e Got My Mojo Working (superimitate), alla brutale Forty Days and Forty Nights, dalla febbrile Long Distance Call all’ossessiva Baby Please Don’t Go, ma non stancano mai, sempre innovative e simbolo dell’incrocio tra pulsioni di blues arcaico, gospel, r’n’b e pre-rock.

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