Ha fatto dei lavoratori in mobilità e dei disoccupati il suo punto di forza, permettendo loro di inserirsi allinterno dellazienda. «Ma i dipendenti che lì operano sono più precari di altri e, date le condizioni in cui lavorano, non riescono a garantire un servizio ottimale». La denuncia arriva proprio da un dipendente di Multiservizi, la società per il 15 per cento di proprietà del Comune, che ha scelto, fra le altre cose, di reinserire i disoccupati di lungo periodo e gli operai in mobilità nel mondo del lavoro.
Lazienda, nata nel 1994, si è occupata inizialmente dei servizi di pulizia e piccola manutenzione nelle scuole, affidati al personale ausiliario (bidelli). Poi, nel corso degli anni, ha allargato il suo campo di attività, gestendo il trasporto pubblico scolastico, attraverso lassistenza sui bus ai bambini, ed espandendosi in settori come la manutenzione delle aree verdi e i servizi alla persona. Anche se il lavoro in circa 800 scuole, dellinfanzia ed elementari, rimane lattività principale di Multiservizi, come testimoniato dal bilancio sociale del 2006 presentato ieri. Ma è anche il suo punto di debolezza, soprattutto per quanto riguarda la situazione in cui il personale ausiliario è costretto a operare. «Sono quasi 4mila i lavoratori di quellazienda - dichiara uno dei dipendenti della stessa società -. Ma quasi tutti hanno contratti che prevedono tre ore al giorno di attività, anche se di fatto lavorano sette oppure otto ore». È lo stesso dipendente a spiegare come può accadere: «Le ore che fanno fuori dallordinario sono conteggiate come straordinario, ma il personale percepisce in busta paga solo la percentuale in più prevista per lattività extra. Il resto va in una banca ore, da cui i dipendenti possono ricavare il tempo di permessi e ferie, da utilizzare soprattutto nel periodo estivo, quando le scuole sono chiuse». In altre parole, secondo quanto dichiarato dal dipendente di Multiservizi, se un bidello prende, per fare un esempio, 100 euro, e di straordinario il 25 per cento in più, alla fine del mese, come stipendio, avrà solo quei 100 euro più altri 25 euro e non, come invece dovrebbe accadere, altri 125 euro. Quei soldi che mancano vanno a finire nella «banca ore», di cui un dipendente può usufruire per chiedere un permesso o per andare in ferie. Eppure tutto questo dal bilancio sociale non risulta.
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