Museo Caruso, donato a Milano va a Firenze

Migliaia di fotografie di scena, manoscritti, locandine, spartiti, 100 fonografi e quasi 10mila dischi

Massimo Piccaluga

È una di quelle storie che i milanesi non vorrebbero mai sentire. Parla di inspiegabili incomprensioni tra soggetti privati e amministrazione pubblica che si risolvono sempre in piccole-grandi sconfitte per la città. Il soggetto privato è una associazione culturale animata da un centinaio di melomani con soci del calibro della mezzosoprano Giulietta Simionato e del tenore Luigi Alva. Si chiama Centro Studi Carusiani ed è presieduto da Luciano Pituello, classe 1933, figlio di emigranti friulani in Francia e oggi tra i maggiori conoscitori della vita e delle opere del grande Enrico Caruso. «In quasi trent’anni di attività - svela Pituello - abbiamo raccolto tali e tanti cimeli storici del grande artista che il fondo oggi gestito dall’associazione ha un valore stimato in quasi due milioni di euro».
Comprende migliaia di reperti e documenti relativi alla vita artistica di Caruso e a personaggi della sua epoca che Pituello e soci hanno cercato, selezionato, acquistato. Ci sono manoscritti del grande interprete partenopeo, locandine teatrali, fotografie di scena, caricature disegnate dal grande artista - Caruso si divertiva a fare ritratti spiritosi di amici e personaggi celebri - e inoltre oggetti personali, pezzi di arredamento. Perfino la sua camera da letto. E poi, spartiti per canto e pianoforte e quasi tutte le cartoline illustrate che il grande napoletano acquistò in giro per il mondo e rispedì, colme di una scrittura minuta, affettuosa e fitta fitta, alla compagna Ada Giachetti. Non mancano dischi 78 giri - quasi 10 mila - e una grande raccolta di fonografi: 100 pezzi che costituiscono una originalissima carrellata storica dal cilindro al piatto. Tutto materiale religiosamente conservato in depositi situati a Milano e a Busto Arsizio e che nel 1985 convinse Pituello a ribattezzare il Centro Studi Carusiani in Associazione Museo Enrico Caruso.
Fin qui il privato. E adesso entra in scena il pubblico. «Nel 1985 - ricorda Pituello - ci dichiarammo disposti a fare una donazione al Comune, a patto che fossero reperiti spazi adeguati per l’esposizione della raccolta messa insieme in tanti anni di sacrifici». L’allora sindaco, Carlo Tognoli, vide subito nella proposta una opportunità per Milano. Tanto che l’11 marzo di quello stesso anno la Giunta accettò la donazione deliberando uno stanziamento di 823 milioni e individuando la sede del museo in una palazzina a due piani di via Francesco Sforza, 23. Ma a Tognoli subentrarono prima Pillitteri, quindi Borghini e Formentini che dapprima ridussero gli spazi assegnati al museo e in seguito ne proposero lo spostamento all’ex Ansaldo di via Bergognone: «Uno spazio - ricorda Pituello -, del tutto inadeguato a ospitare la collezione Caruso e troppo distante dal centro». A soffiare sul fuoco si mise anche l’allora assessore alla Cultura, Philippe Daverio, che, forse non distinguendo tra opere d’arte e potere evocativo dei cimeli, bollò frettolosamente il fondo Caruso con l’appellativo di paccottiglia».
Era troppo per spiriti ardenti come Pituello e soci che con una diffida intentata al Comune, nel 1999 chiesero l’apertura del museo in tempi ravvicinati (erano passati 14 anni dalla prima delibera) costringendo di fatto l’amministrazione a revocare la donazione e a rispedirla al mittente.
Oggi nella palazzina di via Sforza c’è un nido d’infanzia gestito dalla Zona 1 e all’ex Ansaldo, ai tempi ingiustamente snobbato dalla associazione, sta nascendo il simbolo stesso della nuova cultura in città. E il museo Caruso? Dopo anni di «freddo» tra l’associazione e il Comune di Milano, aprirà entro l’anno a Lastra a Signa, in provincia di Firenze, all’interno di villa Bellosguardo. Ovvero nella tenuta acquistata da Caruso nel 1906 oggi proprietà del piccolo comune toscano che ha accettato con incredulità la donazione del fondo.
Insomma, tra i due litiganti...Peccato per Milano, perché proprio al Lirico un Caruso agli esordi si impose al pubblico tra il 1897 e il 1898. E sempre nella città dei Navigli incise il suo primo disco la mattina dell’11 aprile 1902 in una camera del Grand Hotel et de Milàn.

Il tenore era assistito da due tecnici della Grammophone Company di Londra e accompagnato da un pianista. «Ebbene - conclude Pituello -, Caruso riuscì a incidere 10 brani impeccabili in meno di due ore senza mai ripetere un passaggio».

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