"I pm non sono degli eroi del popolo. Gratteri? Finge di essere un maestro"

Il presidente del comitato, Gian Domenico Caiazza: "Ora un segnale forte. Io e Di Pietro? Faccio la battaglia con chi ci sta"

"I pm non sono degli eroi del popolo. Gratteri? Finge di essere un maestro"
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Avvocato Caiazza, come si trova a difendere la riforma della Giustizia in compagnia di Antonio Di Pietro?

"Perfettamente a mio agio - risponde Gian Domenico Caiazza, presidente per il Sì al referendum sulla giustizia - perché mi ritrovo nell'insegnamento pannelliano: non giudico la persona, conta ciò che si fa concretamente. In questo momento Di Pietro sostiene con lucida intelligenza il Sì al referendum, ed è un grande piacere per me che lui abbia scelto di percorrere questa strada insieme al comitato della fondazione Einaudi".

Ora bisogna convincere gli elettori: andare a votare, e votare sì.

"Sarà un percorso durissimo perché come tutti sappiamo il tentativo è di spostare l'oggetto della contesa referendaria il più lontano possibile dai contenuti reali della riforma. Si vuole nascondere che questa riforma conferma l'indipendenza dei pubblici ministeri, in un sistema a carriere separate. Nella maggioranza degli altri paesi questo sistema prevede la sottoposizione all'esecutivo, la riforma fa la scelta opposta blindando nella costituzione l'autonomia dei pm perché l'articolo 104 della Costituzione, che è il baluardo dell'indipendenza, non è stato modificato. Eppure sentiamo assistiamo allo spettacolo della segretaria del principale partito di opposizione che dice che chi vota Sì vuole che il governo sottometta i magistrati. A questo livello di manipolazione siamo arrivati".

La vedo preoccupato.

"Sì, perché se dici alla gente che non sa nulla di ordinamento giudiziario che la politica con questa riforma vuole mettere la mordacchia alla magistratura la paura si fa strada. La magistratura non è molto amata dall'opinione pubblica ma la politica lo è ancora di meno. Così sventolare il babau della politica che vuole sottomettere i suoi controllori funziona alla grande".

E come se ne esce?

"Riconducendo alla realtà di quello che la riforma dice davvero. Non sarà facile ma ce la faremo".

I giornali in questi giorni sono pieni di articoli allarmanti sugli effetti della riforma. L'affiatamento tra informazione e magistrati è un problema?

"Purtroppo è così. Sappiamo che in questi trenta e passa anni la figura del pubblico ministero è divenuta nella narrazione mediatica una figura di eroe sociale che è lì a difendere e a proteggere i cittadini... Dovremmo spiegare nelle scuole e non solo sui mass media che la figura sacrale è quella del giudice, non del pm, che fa ipotesi che è poi il giudice a verificare facendo giustizia. Invece la figura del giudice è praticamente scomparsa dalla scena, e può accadere che uno di questi eroi come il procuratore Nicola Gratteri possa dire che la conseguenza della riforma è mettere la mordacchia ai pm. Non dice altro, non spiega perchè, dice solo non vogliono permetterci di fare le indagini contro il potere. Ma come, in che modo? Non lo spiega, lui fa passare questa narrazione grazie alla autorità ex cathedra che voi giornalisti gli avete assegnato".

Mettiamo che vinca il Sì e la riforma diventi definitiva. Quanti anni serviranno per sentirne le conseguenze concrete?

"Sull'assetto della giustizia e sulla percezione della sua modifica serviranno anni. Ma una vittoria del sì darebbe un segnale forte alla politica, ai media e alla magistratura, darebbe l'indicazione che il paese vuole tornare a una giustizia amministrata da giudici forti e indipendenti, non dai pubblici ministeri. E di questo cambiamento si accorgeranno i cittadini al momento di entrare in un'aula di tribunale".

Intanto, però, la

riforma ha avuto l'effetto di compattare la magistratura.

"Sicuro? Ci sono tanti giudici che la pensano come noi, ma non si manifestano perché le conseguenze per la loro carriera possono essere molto importanti".

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